Cronaca

Svolta caso Cucchi: il carabiniere brindisino accusa due colleghi del pestaggio

ROMA – Il colpo di scena è arrivato all’apertura dell’udienza nel nuovo processo per la morte di Stefano Cucchi: il carabiniere brindisino Francesco Tedesco ha chiamato in causa, per il pestaggio del giovane geometra romano, due dei militari imputati. La denuncia del militare, resa nota dal pm Giovanni Musarò, è stata presentata il 20 giugno scorso. È contro ignoti e dice che, quando il giovane militare ha saputo della morte di Cucchi, ha redatto una notazione di servizio. Sulla base di questo è stato aperto un procedimento, contro ignoti appunto, e Tedesco ha reso tre dichiarazioni. “In sintesi – ha detto il pubblico ministero- ha ricostruito i fatti di quella notte e chiamato in causa gli altri imputati: Mandolini, da lui informato; D’Alessandro e Di Bernardo, quali autori del pestaggio; Nicolardi, che quando si è recato in Corte d’Assise, già sapeva tutto”. Quella notazione di servizio redatta da Tedesco, però, è stata sottratta e l’allora comandante della stazione dei carabinieri coinvolta, Roberto Mandolini, non ha saputo motivare l’assenza del documento.

Sono cinque i carabinieri imputati: Alessio Di Bernardo, Raffaele D’Alessandro e lo stesso Francesco Tedesco per omicidio preterintenzionale e abuso di autorità; Roberto Mandolini per calunnia e falso; Vincenzo Nicolardi per calunnia.

Oggi, dunque, la svolta arriva dal carabiniere di Brindisi. E il suo legale, l’avvocato Eugenio Pini, parla di uno “Snodo significativo per il processo, ma anche di riscatto per l’intera Arma dei Carabinieri. Gli atti dibattimentali e le ulteriori indagini individuano nel mio assistito il carabiniere che si è lanciato contro i colleghi per allontanarli da Stefano Cucchi, che lo ha soccorso e che lo ha poi difeso. Ma soprattutto è il carabiniere che ha denunciato la condotta al suo superiore ed anche alla Procura della Repubblica, scrivendo una annotazione di servizio che però non è mai giunta in Procura, e poi costretto al silenzio contro la sua volontà. Come detto, è anche un riscatto per l’Arma dei Carabinieri perché è stato un suo appartenente a intervenire in soccorso di Stefano Cucchi, a denunciare il fatto nell’immediatezza e ad aver fatto definitivamente luce nel processo”.

Stefano Cucchi, 31enne geometra romano, fu arrestato la sera del 15 ottobre 2009 perchè aveva addosso dell’hashish. Fu accompagnato in caserma e, il giorno dopo, in aula per il processo per direttissima, apparve con evidenti ematomi al viso ed un’altrettanto evidente difficoltà a parlare. C’è una registrazione delle parole con le quali si dichiara “colpevole per quanto riguarda la detenzione e innocente per quanto riguarda l’accusa di spaccio”.

Rinchiuso a Regina Coeli, si aggravò. Gli furono riscontrate lesioni e fratture alla colonna vertebrale. Queste causarono un danno fatale alla vescica. Fu ricoverato nell’ospedale Sandro Pertini. Sei giorni dopo l’arresto, Stefano morì. La sua famiglia non lo rivide mai più, dopo che fu portato in caserma, se non su una barella dell’obitorio. La sorella Ilaria ha portato avanti da subito la battaglia per la verità. Verità che arriverà alla fine del processo.

Subito dopo l’udienza, ha detto e scritto: “Il muro è stato abbattuto”.

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