Cronaca

Le mani del clan sul calcio e in società: arrestati gli “ultimi” Coluccia

GALATINA  – “La mafia non esiste”. Così parlava nel 2012, un una puntata de “L’Indiano”, a Danilo Lupo, Luciano Coluccia, che faceva il custode del cimitero di Galatina. Oggi finisce l’era del clan che porta il suo nome. Le mani del clan sui campi di calcio, le mani del clan tra i cittadini per saldare conti e fare dispetti; per punire e recuperare crediti; per gestire ditte e servizi e imporre personale. Gli ultimi Coluccia finiscono in carcere, anzi: uno in carcere e uno in casa. Luciano e Pasquale Danilo, padre e figlio, sono stati arrestati dalla Squadra Mobile della Polizia. Il primo è ai domiciliari, in considerazione anche dell’età -ha 69 anni-. “Avevano creato una sorta di welfare parallelo” dice il dirigente della sezione criminalità organizzata, Antonio Miglietta. Perché a Noha, Galatina e paesi limitrofi comandavano loro, loro che gestivano la squadra di calcio. E tutto con metodi mafiosi. Viene contestato il 416 bis, infatti.

L’indagine ha evidenziato come il clan COLUCCIA, nonostante fosse stato colpito già in passato nei suoi vertici dalle varie operazioni di polizia, ha saputo mantenere nel corso degli anni il controllo dei traffici illeciti sul territorio di Galatina.

Agli arrestati vengono contestati i reati di associazione di stampo mafioso, estorsione, frode sportiva per avere alterato, offrendo anche somme di denaro, il risultato di alcune partite del campionato Regionale Pugliese di calcio, stagione 2015/2016, al fine di favorire la promozione alla categoria superiore dell’A.S.D. Pro Italia Galatina, società di cui, all’epoca dei fatti contestati, era presidente Luciano COLUCCIA. Nell’inchiesta ci sono altri sette indagati, tra calciatori e dirigenti sportivi. Perché i Coluccia, elargendo denaro o minacce, a seconda dei casi, hanno fatto sì che la squadra vincesse. Di certo sono “intervenuti” sulle squadre del Maglie e del Galatone. E procacciavano sponsor a profusione, non ncon vere minacce, perché bastava presentarsi come “famiglia Coluccia” e nessuno si tirava indietro. E non pagavano l’affitto dello stadio “G. Specchia” per cui hanno un debito con il Comune di Galatina di oltre 30mila euro. Solo a settembre scorso, il sindaco Amante, appena insediatosi nel 2017, formulò una diffida. E i Coluccia, per tutta risposta, minacciarono di far saltare in aria il municipio. Chiacchiere. Perché, con il supporto della Polizia che ha affiancato il Comune, hanno dovuto cercarsi altri stadi in cui far giocare la squadra.

L’indagine ha provato il «riconoscimento della capacità criminale del clan ad imporsi sul territorio grazie alla forza d’intimidazione del vincolo associativo e della condizione di sottomissione che ne deriva».

Gli arrestati confidavano, proprio perché entrambi incensurati, nella possibilità di eludere ulteriori attività di contrasto da parte della Magistratura e delle Forze dell’Ordine.

Per questo hanno indirizzato gli interessi del clan anche verso settori del tutto nuovi e apparentemente leciti:

– l’aggiudicazione di appalti pubblici nel comprensorio di Galatina;

– il reimpiego di capitali, provento di traffici illeciti attraverso l’avviamento di attività commerciali ( alcune pescherie annesse a supermercati della provincia);

– l’apertura di uffici per l’attivazione di contratti per la fornitura di energia elettrica e gas.

Singolare il caso della gestione dei servizi cimiteriali: pur essendoci operante una ditta regolarmente vincitrice di appalto, a capo vi era comunque Luciano COLUCCIA.

Dalle indagini è emerso che i creditori, anziché rivolgersi ad avvocati per riscuotere il proprio credito vantato nei confronti di commercianti ed imprenditori locali, preferivano rivolgersi al clan COLUCCIA, confidando nella forza di intimidazione riconosciuta al clan.

Tanto era forte l’impatto del clan sulla comunità galatinese che anche in occasione di furti patiti le vittime si sono rivolte agli arrestati per ritornare in possesso dei beni rubati.

Altra circostanza illecita evidenziata dalle indagini della Squadra Mobile ha riguardato l’interferenza su imprenditori e commercianti per ottenere, in favore dei propri protetti, l’assunzione ovvero il licenziamento di lavoratori occupati in aziende del comprensorio galatinese.

Dal quadro complessivo delle indagini è venuto fuori uno spaccato di illegalità così devastante sul territorio galatinese che ha visto il clan COLUCCIA evidenziarsi quasi come un “organo giurisdizionale” per dirimere controversie private.

 

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