CronacaSanità

Punto in spiaggia con un ago da siringa: la paura e poi l’odissea di un giovane leccese

MELENDUGNO – Una disavventura avvenuta in un giorno di festa. Tanta paura prima, una lunga odissea poi. Un giovane leccese si è punto in spiaggia con l’ago di una siringa, di quelle da insulina che, per capirci, vengono utilizzate dai tossicodipendenti per iniettarsi droga in vena. È successo su un’affollatissima spiaggia di Torre Specchia Ruggeri, una delle marine di Melendugno. Appena arrivato con gli amici e pronto a posizionare i teli mare nel posto prescelto, il ragazzo ha sentito la puntura sotto la pianta del piede sinistro e infatti un ago era infilzato nell’alluce. Con lui c’era un’amica infermiera, che lo ha tranquillizzato immediatamente sul rischio HIV, giacché sembrava l’ago fosse lì da tempo, esposto a sole e intemperie, il che dovrebbe escludere la contrazione del virus più temuto. Non è però scongiurato il rischio epatite, ad esempio.

L’ago non era attaccato a una siringa, era libero nella sabbia, ma poco lontano c’erano due siringhe da insulina, ma con l’apposito cappuccio protettivo sugli aghi. Il malcapitato è allora andato al pronto soccorso dell’ospedale Vito Fazzi di Lecce. Al triage è stato classificato come “codice verde”, quello meno grave, e gli è stato assegnato un numero. “C’erano 24 codici verdi prima di me e non so quanti gialli, quindi -ci racconta il giovane- a tarda sera ho deciso di andar via perché al mattino avrei dovuto lavorare. Prima, però, è andato in un altro ospedale, quello di Galatina, dove però non c’era l’infettivologo, e quindi è tornato a casa. Il pomeriggio del giorno seguente è tornato al Fazzi. Intorno a mezzanotte è stato ricevuto e visitato dall’infettivologo, il quale, molto scrupoloso, ha ascoltato il racconto di quanto accaduto, ha visitato e rassicurato il ragazzo, ma non lo ha sottoposto ai prelievi di sangue cosiddetti “a tempo zero”, cioè quelli che si esguono nelle prime ore dalla puntura, perché -gli ha spiegato- il protocollo non lo prevede. Il medico ha detto al paziente che quei prelievi sarebbero previsti solo in caso di incidenti sul lavoro o nei confronti del personale sanitario, nel caso dovesse ferirsi sempre durante il lavoro. Il giovane avrebbe dovuto rivolgersi al medico curante, che gli avrebbe dovuto prescrivere le analisi da effettuare -una subito e poi, periodicamente, dopo 6,12 e 24 settimane- che lui stesso gli ha indicato. Analisi, dunque, da effettuare a pagamento.

“A mio avviso non è normale sopportare tante ore di attesa in pronto soccorso e dover tornare anche il giorno dopo per poi essere congedati con una consulenza di pochi minuti senza risolvere nulla e dover quindi rivolgersi all’esterno nonostante l’accesso alle prestazioni della pubblica sanità sia un diritto di tutti -dice- E poi denuncio anche il fatto che il Comune di Melendugno avrebbe dovuto provvedere alla pulizia delle spiagge, in un giorno di festa in cui c’erano anche tantissimi bambini e con il clima che ormai è praticamente estivo”.

Noi abbiamo contattato il primario di Infettivologia del Fazzi, il quale ci ha confermato la bontà dell’operato del medico, giacché il carattere di urgenza nell’effettuare quel tipo di prelievo vale solo in caso di incidenti sul lavoro in generale, e in quel caso gli esami sono a carico del pronto soccorso. Questo ai fini dell’Inail, per dimostrare, eventualmente, che il paziente che dovesse aver contratto una malattia, l’abbia contratta per colpa dell’incidente in questione.

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