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Cancro al seno, nel Leccese si muore di più del resto di Puglia e d’Italia

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LECCE- Cresce il numero delle donne che si ammalano di tumore al seno. Ma cresce, qui più che altrove, anche quello di coloro che non ce la fanno a superare la malattia e ne restano vittime. Il dato della provincia di Lecce, letto assieme a quello delle altre province salentine, della Puglia e dell’Italia intera, fa saltare sulla sedia.

I dati Istat, elaborati dalla Lilt di Lecce in occasione del mese della prevenzione, dicono che a Lecce la curva di crescita non si è mai arrestata: i decessi sono passati dai 115 del 1990 ai 179 del 2014 (ultimo anno disponibile). Il tasso grezzo per 10mila residenti, 27 anni fa, era di 2,7, contro un 3,7 a livello nazionale, più di Brindisi (2,1) ma meno di Taranto (3). Nel 2014 era di 4,4, superiore al dato nazionale (3,9) e regionale pugliese (3,7), ma anche molto di più rispetto a Brindisi (3,6) e Taranto (3,3). E, ad entrare nei numeri, con una differenza enorme: tra il 2012 e il 2013 a Lecce si è avuto l’exploit di morti. Il tasso è aumentato di un punto, passando da 135 decessi l’anno prima a 176 l’anno dopo. In quello stesso anno, invece, nei territori vicini è iniziata l’inversione di tendenza con decremento del tasso di mortalità nel Brindisino da 4,3 a 3,9 e nel Tarantino da 3,7 a 3,1.

Cosa significano questi dati? “Si tratta – spiegano dalla Lilt – di un aumento reale e non imputabile, come si sente ripetere, all’allungamento della vita media della popolazione o all’estensione dei programmi di screening, che porterebbero portare alla scoperta di sempre più casi. Evidentemente, nell’ambiente e nelle abitudini di vita della popolazione sono sempre più in questione fattori di rischio che hanno portato a questo significativo aumento dei casi”. D’altronde, in Puglia, secondo l’Istituto superiore di Sanità, dal 1970 al 2014, i nuovi casi di tumore al seno diagnosticati sono passati da 480 a oltre 2500, quintuplicandosi. In vent’anni, si è ridotta la “forbice” rispetto al resto d’Italia anche in termini di mortalità. E tra le altre province, a Lecce la situazione è ancora peggiore.

“Sia l’ambiente in cui viviamo sia i nostri stili di vita devono essere chiamati in causa – insistono dalla Lega Tumori -. La predisposizione genetica incide solo per un 5 per cento dei casi”. E il nodo, dunque, è sempre lì: disinquinare da un lato, ridurre i fattori di rischio dall’altro. Ma sull’educazione alla prevenzione e sugli interventi strutturali di bonifica la strada è tutta in salita.

 

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