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Dams, il futuro del teatro e i nuovi attori: incontro con Eugenio Barba

LECCE- Il corso di laurea Dams dell’Unisalento inizia il suo percorso in grande programmando uno dei  primi incontri con Eugenio Barba, il celebre artista che ha rivoluzionato la pratica e la cultura teatrale.

Ritenuto, insieme a Peter Brook, l’ultimo maestro occidentale vivente, Barba ha modificato il concetto di lavoro dell’attore attraverso una pratica teatrale che lo porta  a contatto con la propria ricerca interiore. E alla domanda se attori si nasce o si diventa, lui risponde semplicemente che la formazione gioca un ruolo importante, ma sta a ciascun artista saper coltivare la sua passione.

Non è un caso quindi se in occasione dell’incontro presso il Cinelab “G. Bertolucci”, moderato dal docente Luca Bandirali, è stato  proiettato alla presenza degli autori, Davide Barletti e Jacopo Quadri, il film documentario realizzato per i cinquant’anni di attività dell’Odin Teatret di Eugenio Barba: “Il paese dove gli alberi volano” (2015) presentato alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2015.

Un incontro proficuo ed emozionante, fatto di consigli e amore per il teatro. Del resto, a chi ha intrapreso questo nuovo corso universitario dà Eugenio Barba dà solo un consiglio, ossia che: non bisogna dar mai nulla per scontato  e che bisogna sempre  e comunque contare sulle proprie forze.

EUGENIO BARBA

Regista e teorico teatrale, Eugenio Barba è nato a Brindisi il 28 ottobre 1936. Emigrato in Norvegia, compie studi universitari in storia delle religioni e letteratura francese, poi a Varsavia frequenta, nel 1960, un corso di regia, e diviene assistente di I. Grotowski nel 1962. Questo incontro è fondamentale per la sua formazione. Tornato a Oslo, fonda nel 1964, nella suggestione dell’esperienza polacca, l’Odin Teatret, una compagnia di dilettanti che unisce ad un approfondito lavoro di ricerca sui mezzi espressivi dell’attore una vasta attività culturale articolata in seminari, pubblicazioni e dibattiti. Nel 1965, invitato dalla locale municipalità, l’Odin Teatret si trasferisce a Holstelbro, in Danimarca, dove contribuisce alla definizione di un’ardita politica culturale che lo rende in breve tempo un importante centro di aggregazione anche internazionale. Gli spettacoli allestiti da Barba e dai suoi attori (tra cui Torgeir Wethal, Else Marie Laukvik, Iben Nagel Rasmussen), “Ornitofilene” 1965; “Kaspariana” 1967; “Ferai” 1969; “Min Far Hus” 1972; “Come and the day will be ours” 1976, fanno dell’Odin Teatret uno dei principali punti di riferimento del teatro contemporaneo, poiché sono basati non sulla messa in scena di un’opera né sulla realizzazione di un piano di regia, ma sul confronto con un testo (“Ornitofilene” da Fugleelskerne di J. Björnebor; “Kaspariana” da Kaspar Hauser, di O. Sarvig) o con una problematica (la leggenda del re Alkestis per “Ferai”; la vita e le opere di Dostoevskij per “Min Far Hus”) e sul montaggio, operato dal regista, del materiale elaborato dall’attore in un lungo lavoro d’improvvisazioni e in una ricerca pedagogica organica di espressività. Tra il 1974 e il 1975 l’Odin Teatret sperimenta la possibilità di usare antropologicamente i risultati del proprio lavoro teatrale come oggetto di scambio con le espressioni culturali locali nel Salento e nella Barbagia.

“IL PAESE DOVE GLI ALBERI VOLANO” – scheda del film

Nella silenziosa provincia danese si preparano i festeggiamenti per i cinquant’anni dell’Odin Teatret, la compagnia teatrale di ricerca che, sotto la guida di Eugenio Barba, ha cambiato le coordinate dello spettacolo del secondo Novecento alimentando il proprio alfabeto attraverso le culture sceniche del mondo. Dalle più diverse latitudini del pianeta – Kenia, Bali, Brasile, India, e anche Europa –arrivano nella città di Holstebro squadre di bambini, ragazzi e artisti chiamati a dare energia con acrobazie, musiche e voci a un evento corale, sotto lo sguardo impetuoso del regista dai piedi scalzi e dai capelli bianchi. L’Odin Teatret non è solo una compagnia, è una comunità allargata e atemporale, è flusso visionario e quotidianità irriducibile, è un intrigo di umanità selvatiche di cui questo film scruta con tenerezza la costanza, le intuizioni, i paradossi e gli orizzonti. Attori che sono anche muratori-sarti-organizzatori, un sindaco postino-intellettuale, una fattoria prestata al teatro e un regista saldatore-boscaiolo hanno dato vita nel corso di mezzo secolo a un sodalizio tra visione politica e valore universale dell’arte. La preparazione di questa festa – che innesta ritmi tribali e classicità occidentali nella divertente ricerca di una lingua comune – invoca la possibilità del teatro di miscelare cielo e terra, tra falò rigenerativi e alberi che volano.

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