Cronaca

Clan agguerrito e antico, spezzato il dominio dei Coluccia nel silenzio del territorio

LECCE- Un clan “agguerrito come non mai” e armato fino ai denti, in grado di controllare il territorio con metodi antichi, fortemente gerarchici, senza nessun interesse, al contrario di altri gruppi, a creare consenso attorno a sé: la forza intimidatoria del gruppo è tale da aver conquistato comunque il silenzio di tutti ed è così penetrante da aver trovato – stando alle indagini – facile sponda in almeno un amministratore locale, Luciano Biagio Magnolo, vicesindaco e assessore alle Politiche sociali del Comune di Sogliano Cavour fino alle soglie dell’estate e ora consigliere comunale, agli arresti domiciliari con la pesante accusa di concorso esterno in associazione mafiosa.

È il ritratto dei Coluccia che emerge dall‘operazione Contatto, che nella notte ha portato all’arresto in carcere di 20 persone, a 17 arresti domiciliari, all’esecuzione di sette misure coercitive dell’obbligo di presentazione alla Polizia giudiziaria e a 3 interdizioni temporanee dai pubblici uffici, quest’ultime nei confronti di un carabiniere, un vigile urbano di Sogliano e un’agente della Polizia Penitenziaria in servizio a Lecce e che da tempo tratteneva una relazione con uno degli arrestati.

All’una di notte, un vero e proprio esercito ha svegliato il cuore della provincia: 185 carabinieri, 47 mezzi, nucleo unità cinofile, un elicottero a sorvolare la zona. Uno degli arrestati, Giordano Epifani, ha cercato di fuggire sul tetto della propria abitazione e aveva con sé una pistola con colpo in canna, ben impugnata, e un’altra nel marsupio. Tante le armi sequestrate, a dimostrazione della potenza di fuoco del clan: tre fucili, pistole quasi tutte con matricola abrasa, di fabbricazione straniera, con calibro potenziato e silenziatore. Tanti i comuni interessati: Sogliano Cavour, Galatina, Cutrofiano, Corigliano d’Otranto, Castrignano de’ Greci, Melpignano, Soleto, Sternatia, Cursi, Castrì di Lecce, Martano, Otranto, Calimera, Muro Leccese e Cavallino.

Le indagini sono state coordinate dal pm Roberta Licci e portate avanti dal 2013 dalla compagnia di Maglie, prima sotto la direzione del comandante Rolando Giusti e poi del capitano Luigi Scalingi. Nell’ordinanza, il gip Edoardo D’Ambrosio ha però rigettato la richiesta dell’arresto “per mancanza di gravi indizi di colpevolezza” proprio dei referenti della famiglia Coluccia: Antonio, che è l’unico libero, oltre a Luigi e Michele.

Il core business del clan sempre lo stesso: rapine, droga, estorsioni, usura. Una decina gli episodi accertati del furto di auto con cavallo di ritorno. “Nessuno mai è stato denunciato da chi ha subito”, ha rimarcato il comandante provinciale dell’Arma Giampaolo Zanchi.

Un “battesimo” per affiliarsi al clan, la collaborazione di alcuni cittadini, come il titolare di un tabacchino di Sogliano prestatosi a custodire le armi, la raccolta fondi di tutti i sodali per sostenere chi è in carcere. Tra i reati contestati anche la truffa: venivano costituite società fittizie che acquistavano grossi quantitativi di merce, specie pellet, dagli esercizi commerciali, pagando con assegni scoperti. Anche quei prodotti servivano a sostenere gli affiliati.

 

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