LECCE – L’appello è a continuare a segnalare, perché sono gli stessi agricoltori a poter accorgersi di quella che potrebbe essere una svolta: in piena zona focolaio, dove la pressione di inoculo di Xylella è molto elevata, a sud di Gallipoli, alcuni ulivi selvatici si presentano senza sintomi e con un carico di frutto di olive medio-grosse. Sono 19 gli esemplari su cui, per il momento, cinque cicli di analisi nell’arco di un anno hanno confermato la negatività al batterio. Altri sono sotto osservazione. A tenere le redini di questo interessante nuovo filone di ricerca è Giovanni Melcarne, imprenditore olivicolo di Gagliano del Capo. E’ lui ad aver avuto l’idea, chiedendo il supporto scientifico del Cnr di Bari.
Si va con i piedi di piombo: “gli esemplari – spiega Melcarne – sono stati scelti anche tenendo conto di alcuni aspetti produttivi, perché abbiano un discreto carico di olive e anche una pezzatura almeno dalle dimensioni della Cellina e Ogliarola. Prossimamente i ricercatori provvederanno a fare altre analisi per cercare di aumentare la base di genotipi unici in modo da dare una soluzione definitiva al territorio. Sarebbe una grande cosa riuscire a trovare delle cultivar autoctone”.
Dopo un anno di ricerca, dunque, i primi risultati sono definiti “promettenti”: la caratterizzazione genetica ha confermato che una buona parte dei genotipi studiati, infatti, ha un patrimonio genetico proveniente proprio dalle nostre Ogliarola e Cellina.
È conoscendo l’evoluzione delle piante nate spontaneamente che si è andati alla ricerca dei “semenzali”, alberi che possono essere o figli delle nostre cultivar autoctone o di semi portati sul territorio da uccelli migratori.
Ci vorranno almeno due o tre anni per arrivare a definire scientificamente l’immunità di uno di questi semenzali, “perché – rimarca Melcarne – è proprio l’immunità a Xylella che noi stiamo cercando e non la semplice resistenza o tolleranza”.
Se dovesse andar bene, cosa si potrebbe fare? “Le strade sono due – continua l’imprenditore – e la prima è quella di innestare la cultivar immune non resistente su alberi secolari, sempre che sul funzionamento degli innesti ci sia una evidenza scientifica che al momento non c’è, anche se i dati preliminari sono molto entusiasmanti. L’altra strada è che nelle zone completamente distrutte si potrebbe ripartire con il reimpianto di ulivi”.
Si vuole pensare positivo, stavolta.