LECCE- C’è la pucceria, c’è la bruschetteria, la panineria, la tosteria, la patatineria, la kebaberia, la baguetteria, la piadineria, persino la cicchetteria. Poi sushi bar, bar che diventano tavole calde, panini con la Chianina e il Salmone trasformati in “Local food”, cibo locale. Nel centro storico di Lecce, è l’arrembaggio dello street food, il cibo da strada che ha occupato ogni angolo della città, per il piacere dei turisti.
Ma cosa ne pensano gli stessi commercianti? Il colpo d’occhio è in alcuni scorci davvero considerevole, ma la sequenza senza soluzione di continuità di locali di ogni tipo dà da pensare a come far reggere le attività anche dopo il ciclone estivo. “Ora lavoriamo tutti, anche se in effetti siamo un po’ troppi – dice il gestore di un locale di Piazzetta Santa Chiara -. Già quando ci sono sagre nei paesi la città si svuota. Sarebbe importante fare eventi a catena per mantenere il centro attivo”.
La liberalizzazione ha fatto la sua parte. E ognuno si attrezza per resistere, reinventandosi di continuo. “Ci salva la qualità, assieme ai prezzi modici che ci consentono di ampliare il numero delle persone da servire”, commenta uno dei giovani dipendenti di una baguettereria di Piazza Sant’Oronzo.
Quel che è troppo è troppo, però, almeno secondo i ristoratori storici del centro: si chiede un governo del fenomeno, perché non degeneri e la concorrenza non diventi sleale. “Noi abbiamo questo ristorante da 22 anni – afferma una signora – e non abbiamo mai avuto problemi. Ma non sono d’accordo con questo proliferare di locali di ogni tipo. L’amministrazione dovrebbe intervenire, ma non per chiuderli, ma per porre delle regole, perché si faccia davvero cibo locale, dopo che per anni abbiamo promosso la cucina mediterranea e ne abbiamo difeso il senso”.
Lecce città del cibo è uno slogan, anche una opportunità per differenziare l’offerta e attrarre una platea di visitatori sfaccettata. I vicoli diventati quasi un unico ristorante all’aperto, però, iniziano a trasformarsi in un rompicapo.