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Cherif e Salia, da migranti a maestri d’innesto: “così ridiamo linfa agli ulivi”

STRUDA’- Salia spiega quello che sta accadendo sulla pelle della “Regina”: le gemme di varietà leccino innestate a marzo iniziano a farsi rametti, in più punti. Lui non ha dubbi: quest’albero ce la farà e con lui anche tutti gli altri passati sotto le sue mani, centinaia. Ha 24 anni, viene dalla Costa d’Avorio, vive a Galatina.

Dopo un corso di formazione, Salia ora è un maestro vero di un mestiere antico, assieme a Cherif, 18enne del Mali. Con i colleghi italiani e il gruppo di lavoro di Cursi ha formato la squadra della speranza. Gli innesti, è vero, non sono ancora una certezza, ma sono un tentativo importante per contrastare il disseccamento rapido degli ulivi. Pratica sostenibile, dal punto di vista degli impatti, da quello anche economico, profilo affatto scontato in tempi di tracollo totale della produzione e dunque del reddito degli olivicoltori. Qui, a Strudà, ne sanno qualcosa: “Solo per la nostra cooperativa Sant’Anna – dice Michele D’Oria – si è passati in pochi anni da una resa di circa 45mila quintali di olive a una che non supera i 20-25mila, pur aumentando come numero di soci”.

Le sculture viventi del parco millenario sono fiaccate. E non solo loro. E’ evidente, innegabile. I contadini fanno quel che si può, ma che al momento – è lampante – non basta. “Le strade da battere – rimarca Pantaleo Piccinno, Coldiretti Lecce – sono due. La prima è salvare gli alberi millenari, che nessuno potrà ridare indietro. L’altra è continuare a dare una chance olivicola al territorio, tornare a piantare ulivi, ciò che qui si è sempre fatto e che ora la normativa europea sul batterio da quarantena impedisce da tre anni”.

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