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Salento come la “Terra dei fuochi”: infertilità maschile in continua crescita

BARI- Trentuno casi nel 2013, 50 nel 2015, 81 nel 2016. Sono i numeri dell’infertilità maschile nel Salento. Una impennata del 30 percento nel giro di tre anni. La causa? Per gli esperti non ci sono dubbi: è l’inquinamento industriale. Quindi, Ilva e Cerano.
I dati sono quelli comunicati negli anni dal centro di Procreazione Medicalmente Assistita di Nardò all’Istituto Superiore di Sanità: su 212 pazienti trattati nel 2013, 31 sono uomini divenuti sterili. Nel 2015 sono diventati 50. Nel 2016, 81. Il trend è in crescita anche fra le donne, seppur con numeri minori. I casi di donne affette da endometriosi è passato da 11 del 2013 a 32 del 2016. L’infertilità maschile resta il dato choc per il Salento, perché il trend è risultato identico a quello registrato in Campania, nella Terra dei fuochi.

Ma perché si è così certi che a causare l’infertilità sia l’inquinamento industriale? Innanzitutto perché in luoghi lontani dalle industrie i dati dicono altro, poi perché i pazienti con difficoltà riproduttive sono risultati a contatto con le industrie per ragioni lavorative o abitative. Su tutto però c’è il meccanismo che interviene sul corpo umano in presenza dei fumi dell’industria.

“La diossina – ci spiega Antonio Luperto, esperto in Fisipatologia della riproduzione e sino a dicembre responsabile del centro neretino, ora nel privato – si trasforma in estrogeno”. Questo è un antagonista del testosterone, l’ormone maschile che, invece, è necessario in alte concentrazioni per permettere il concepimento. Gli estrogeni, quindi, incidono sui valori di testosterone, causano un calo della produzione di spermatozoi e, se non trattati in tempo, portano alla sterilità.

Nella donna, invece, gli estrogeni agiscono sull’endometriosi, i frammenti di endometrio anziché essere espulsi con il ciclo mestruale, risalgono attraverso le tube, creando delle aderenze nell’intestino, nell’addome, nell’ovaio, provocando infiammazioni croniche, cisti, sanguinamenti e danni all’utero.

La correlazione è divenuta una certezza, soprattutto nel Salento, dove ricadono i fumi delle industrie. Se l’ambientalizzazione degli impianti richiede tempi biblici, è fondamentale tentare di arginare i danni con la prevenzione. Con uno screening e una frammentazione del Dna – assicura Luperto – si può intervenire prima che la situazione diventi irreversibile.

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