Cronaca

Pesticidi nella nostra frutta e verdura, ecco i dati choc: residui in un campione su due

LECCE- Gli ortaggi e la frutta? Un campione su due di quelli che mangiamo qui ha tracce di pesticidi chimici. È il dato choc che emerge da una relazione recentissima (aprile 2016) e ancora ignorata, redatta da Arpa Puglia: è il “Rapporto Attività 2013-2014 sui residui di prodotti fitosanitari in alimenti di origine vegetale”.
Le indagini sono state effettuate dal Polo di Specializzazione Alimenti ortaggi, frutta, cereali, vino, olio prodotti in ambito regionale e in parte su quelli di provenienza extraregionale. Arpa Puglia, in apertura del suo studio, è chiara: “L’impiego di prodotti fitosanitari permette all’uomo di proteggere le colture vegetali dagli organismi nocivi e di migliorare la produzione agricola. Tuttavia l’uso di fitofarmaci costituisce un rischio, in quanto residui delle sostanze attive possono persistere negli alimenti e quindi essere ingeriti dall’uomo o dagli animali”.

Quindi, cosa mangiamo? I pesticidi sono presenti come residui in circa il 49,3 per cento dei campioni esaminati, quasi uno su due, dunque, soprattutto nella frutta, per cui si ha una elevata percentuale di positività, “in media circa il 70 per cento”, mentre per gli ortaggi scende a circa il 47 per cento.  Molti campioni (18,8% nel 2014) di frutta presentano, inoltre, residui di più di 4 sostanze contemporaneamente presenti. Le “maggiormente trattate” sono pere (si sono riscontrati residui sul 100% dei campioni), fragole (95,8% dei campioni analizzati) e uva su oltre il 90%. Proprio nell’uva sono stati rintracciati fino a 15 tipi diversi di fitofarmaci. Un’alta percentuale di positività (anche oltre il 70%) c’è poi per arance, banane, mele e pompelmi. Nella classe ortaggi, oltre il 60% dei cetrioli presenta residui, e poi peperoni (quasi il 70%), pomodori (71% ), sedano (100%), spinaci (100%), zucchine e fagiolini (73%). Nei cereali e derivati e negli oli, è relativamente bassa, mentre per il vino si attesta al 51%.

E’ alla luce di questi dati che il territorio ha deciso di promuovere la campagna di sensibilizzazione “Zona Non Avvelenata”, lanciata in queste ore da 18 Comuni, il Parco regionale Otranto-Leuca, la Fondazione dell’Orto botanico universitario, 26 aziende bio, 30 associazioni. Si prova a capovolgere il linguaggio comune e sfidare i più restii direttamente sul loro terreno, nei campi, con cartelli “Zona Non Avvelenata”, che da giorni stanno spuntando in tutto il Salento, in antitesi ai tanti di “Zona avvelenata” da sempre apposti dai contadini per indicare i terreni trattati chimicamente.

In campo, al fianco del territorio, anche l’Isde nazionale, l’Associazione medici per l’Ambiente. «I danni provocati dai pesticidi sono sempre più estesi e riconosciuti – ha detto il presidente nazionale, il dott. Roberto Romizi – ma vengono minimizzate dall’industria chimica e dai suoi rappresentanti nelle sedi istituzionali, facendo uso di argomentazioni basate su una presunta “insufficienza di prove” della tossicità ambientale e sanitaria dei pesticidi». 

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