CronacaEconomia

Fse, scandalo senza fine: 50 milioni di euro ad un ingegnere leccese

LECCE- Non c’è solo il caso della famiglia magliese, madre, padre e figlio, a cui sono stati dati incarichi per 5 milioni di euro per la gestione dell’archivio storico. Non c’è neppure solo il caso dell’ex presidente della Provincia di Bari Marcello Vernola e del fratello Massimo, a cui in un solo giorno sono stati conferiti incarichi legali per 110mila euro. Non c’è neanche solo il gasolio pagato il 40 per cento in più alla Svicat, la società leccese della famiglia dell’ex assessore regionale ai trasporti Fabrizio Camilli. Lo scandalo Fse è senza fine e altri dettagli, che toccano da vicino anche il Salento, emergono dalla relazione consegnata al Ministero dall’agenzia di consulenza Deloitte incaricata dal commissario straordinario della società, Andrea Viero.

Le 103 pagine si chiudono con un approfondimento relativo alla ventennale collaborazione di Fse con l’ingegnere leccese Vito Antonio Prato, per incarichi di redazione di studi preliminari e progettazione di massima riguardante l’acquisizione di nuovo materiale rotabile, rinnovo armamento, elettrificazione, ammodernamento delle tratte. Il primo contratto è firmato nel 1993 e la sua “peculiarità risiede nella circostanza che lo stesso sarà citato ogni qualvolta verranno in essere nuovi contratti tra l’ingegnere e Fse”: viene “addirittura menzionato come base di riferimento per contratti stipulati fino a 20 anni dopo. Altro incarico che sarà citato per i successivi 20 anni è datato 20 gennaio 1994”, con la clausola che “in caso di finanziamento dei progetti, le eventuali perizie di correzione e la direzione dei lavori verranno affidate allo stesso professionista”, che sarà pertanto compensato a parte.

In questo modo, l’ing. Vito Antonio Prato ha fatturato a Fse, come persona fisica, dal 2001 al 2015, 21,7 milioni di euro, mentre come studio Prato Engineering srl, dal 2003 al 2015, 28,9 milioni di euro. “Il totale della somma fatturata dall’ing. Vito Antonio Prato risulta pertanto pari a 50.676.451 euro”, è scritto nella relazione.

È un caso esemplare di come sono andate le cose all’interno di Fse, dove negli ultimi dieci anni sono stati spesi appena 42 milioni di euro per la manutenzione di treni e autobus e 272 milioni in esternalizzazione di servizi, spese legali e consulenze. Una vacca da mungere, una “vicenda squallida”, come l’ha bollata nelle scorse ore lo stesso premier Renzi. Quel dossier adesso approda nella Procura di Bari e il ministro dei Trasporti Graziano Delrio ha annunciato di valuterare l’azione di responsabilità nei confronti dell’ex amministratore unico, l’avvocato tarantino Luigi Fiorillo. Un potere assoluto il suo, in seno a Fse, non bilanciato da un sistema di controlli.  È lui ad avere deciso di affidare la gestione dell’intero contenzioso legale, per 27 milioni di euro, allo studio legale romano Schiano, che a Lecce si appoggiava sempre allo studio Ancora e a Bari al Riccardi.

Sprechi infiniti, come il caso del dirigente in distacco presso il Ministero ma pagato da Fse per 17 anni, al termine dei quali, tornato a Bari nel dicembre scorso, del suo rapporto di lavoro “non solo non vi era più traccia documentale, ma neppure memoria d’uomo”.

Al Salento, nel frattempo, è rimasto quello che da sempre si denuncia: nel 2015, il livello di puntualità dei treni è risultato inferiore all’80 per cento, con un calo di 7 punti percentuali rispetto al 2014, specie lungo le tratte Lecce-Gallipoli e Lecce-Martina Franca. Dei 27 nuovi Atr entrati in funzione tra il 2007 e il 2010, efficienti sono solo 8, sei viaggiano in modo ridotto e 13 sono fermi. Dei tre nuovi Stadler, due non sono mai entrati in funzione e uno ha percorso solo poche decine di chilometri. Restano le vecchie littorine, 52 in tutto, che dal 1959 continuano ad andare avanti e indietro, convogli sporchi, malandati e spesso in ritardo.

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