Cronaca

Non solo bombe, il pm Di Matteo: “Metodi mafiosi nell’esercizio del potere”

LECCE- “La mafia non è un fenomeno solo circoscritto ai boss: quello è l’aspetto della mafia militare, ma noi dobbiamo occuparci di un fenomeno particolare, vale a dire l’adozione di metodi mafiosi nell’esercizio del potere”. È quasi una “lectio magistralis” sulla mafia nei colletti bianchi quella fatta da Nino Di Matteo, nel pomeriggio di lunedì, di fronte a un migliaio di studenti e semplici cittadini, nell’aula magna dell’Ateneo, proprio mentre a Lecce arrivava la Commissione parlamentare antimafia per far luce sui rapporti tra Scu e politica.
Il magistrato di Palermo, pm in inchieste che vanno dalle stragi di Falcone e Borsellino alla trattativa Stato-Mafia, è netto: “qualcuno sottovaluta ancora la necessità di rompere i rapporti tra criminalità e politica”, sebbene “la mafia sia sempre stata uguale a se stessa” e nonostante già 150 anni fa fosse chiaro quanto poi confermato nel ’93 da un collaboratore di giustizia siciliano: “se Cosa Nostra non avesse avuto e non avesse ancora oggi gli agganci che ha, sarebbe solo una banda di sciacalli e nulla più, destinata a scomparire”.

Insomma, “l’infiltrazione nella politica e nella pubblica amministrazione è sempre stata fondamentale per le mafie, sia per acquisire spazi importanti per gestire flussi di denaro pubblico, sia per continuare i tramiti per agganciare i livelli più alti. È dimostrato, infatti, che i rapporti con le alte sfere della politica avvengono tramite amministratori di livello più basso o funzionari burocratici”.

La stima della platea per Di Matteo è dimostrata dai lunghi, continui applausi e da un livello di attenzione elevatissimo durante le due ore di incontro, che ha visto anche la relazione sulla tutela del paesaggio da parte di Nicola Grasso, docente di diritto costituzionale.

Essenziali, dunque, per il pm, sono i “rapporti tra chi spara e i colletti bianchi, le teste pensanti”, la vera insidia al sistema economico. Eppure, il fenomeno mafioso continua ad essere presentato come quello “di una bassa e rozza macelleria criminale”: “è la memoria che questo Paese sta perdendo”, ha ribadito Di Matteo, citando le sentenze definitive che cristallizzano i rapporti tra Giulio Andreotti e Marcello Dell’Utri con i boss di Cosa Nostra.

“Mafia e corruzione, facce della stessa medaglia”, quindi. L’accento è posto anche sui “gruppi imprenditoriali, che quando vengono a investire al Sud si rivolgono ai capi criminali per avere agevolazioni, usando la mafia come agenzia di servizi all’impresa e accettando il fatto che, quando si scende a patti una volta, lo si è costretti a fare sempre”.

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