Cronaca

Eredità mafiosa, sgominato il clan Giannelli junior. “Sono il vostro santo in paradiso”: arrestato il vicesindaco di Parabita

LECCE- Nelle intercettazioni telefoniche con i malviventi si autodefiniva il loro “santo in paradiso” e si arrabbiava anche se loro lo minacciavano di non procacciare voti alle elezioni amministrative. Dava al clan soldi e posti di lavoro. Secondo le indagini questo era il ruolo dell’attuale vicesindaco di Parabita, Giuseppe Provenzano, all’epoca dei fatti assessore comunale. E per questo è stato arrestato anche lui nell’operazione “Coltura”, dal nome della madonna protettrice di Parabita. Le attività del sodalizio, però, non avevano nulla di sacro.
Partite dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Massimo Donadei, le indagini dei Carabinieri del Ros hanno poi seguito il percorso tradizionale. Intercettazioni, pedinamenti, controlli serrati. Il tutto coordinato dal Procuratore aggiunto Antonio de Donno. A muovere i fili delle attività del clan operante a Parabita, Matino, Casarano e paesi limitrofi, era Marco Antonio Giannelli, figlio dell’ergastolano Luigi, ritenuto il boss dello storico sodalizio mafioso.

22 le ordinanze di custodia cautelare eseguite dai carabinieri: firmate dal gip Alcide Maritati, su richiesta della direzione distrettuale antimafia, sono state spiccate per associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, estorsione, detenzione illegale di armi, corruzione e altri delitti aggravati dalle finalità mafiose.

Da una parte il narcotraffico, dall’altra l’intrusione nel tessuto sociale di Parabita e dintorni: gli indagati avevano la spiccata capacità “di instaurare rapporti collusivi con pubblici amministratori e di condizionarne l’attivita’ in cambio del sostegno elettorale” (questo il caso del vicesindaco, secondo le indagini), ma anche di andare a braccetto con alcuni imprenditori locali. Per concorso esterno in associazione mafiosa è finito, ad esempio, Pasquale Aluisi, titolare dell’omonima agenzia funebre. Avrebbe versato periodicamente somme di denaro nelle casse del clan per garantirsi il monopolio del settore e per sbaragliare la concorrenza con ogni mezzo. In un caso è stata incendiata l’auto di un uomo che lavorava per un’altra agenzia.

Arrestato per corruzione un infermiere, Lorenzo Mazzotta, il quale sarebbe stato pagato per sostituire i campioni per le analisi del ser.t. e far restituire la patente di guida ritirata a Marco Giannelli.

Per traffico di sostanze stupefacenti sono stati arrestati Mauro Ungaro, Giovanni Picciolo, Leonardo Donadei, Adriano Giannelli e Matteo Toma, componenti di due squadre” che provvedevano ad approvvigionamento e stoccaggio della droga (marijuana e cocaina); Fernando e Donato Mercuri e Luigi e Antonio Fattizzo sono considerati i custodi e spacciatori dello stupefacente.

E ancora: Orazio Mercuri e Besar Kurtalija, Cristiano Cera e Vincenzo Costa, Marco Seclì e Federico Fracasso. Fernando Cataldi, Cluadio Donadei, Cosimo Paglialonga. Marco Antonio GIANNELLI, il leader, era responsabile per le attività illecite connesse al traffico di stupefacenti, estorsioni e recupero crediti.

Il modus operandi era tutto basato su estorsioni e minacce. E nelle ipotesi intimidatorie, nel mirino c’era anche il parroco, don Angelo Corvo, “colpevole” di avere, rilasciando delle interviste, riacceso i fari sul più efferato crimine della Scu di tutti i tempi: l’omicidio della piccola Angelica Pirtoli e della sua mamma Paola Rizzello, ammazzate perché la donna era ritenuta un testimone scomodo delle attività del clan Giannelli.

 

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