Cronaca

Rubato il terzo menhir, l’ombra del mercato nero e dell’archeomafia

SUPERSANO (di Tiziana Colluto) – Non solo Surbo, non solo Cannole: è stato trafugato il terzo Menhir, portato via dalle campagne del Salento, a Supersano. L’ombra del mercato nero si allunga sui furti delle sacre pietre messapiche.  Stavolta, però, c’è qualche indizio in più utile agli inquirenti: sabato 28 novembre, intorno alle ore 15, una Fiat Punto bianca (prima serie) tre porte, è stata avvistata da un gruppo di ciclisti nei pressi proprio del Menhir “Sombrino”: dal cofano semichiuso dell’auto sporgeva una pietra.
Poco più avanti, sono stati gli stessi escursionisti ad accorgersi che quel monolite era probabilmente quello mancante dal luogo in cui è sempre stato: al suo posto, solo una buca e un terriccio mosso di recente sul manto erboso.

La Rete Civica di Tutela del Patrimonio Storico ed Archeologico ha inviato da subito segnalazioni al Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Bari, ai militari della Compagnia di Casarano, alla Soprintendenza ai Beni Architettonici di Lecce e al sindaco di Supersano. Utili alle indagini saranno i filmati delle telecamere di videosorveglianza installate in diversi punti di quella contrada.

“Un Menhir non rappresenta più nulla se anche solo mosso di pochi metri – spiega Rudy Miggiano, vicepresidente della Rete -. Quei monoliti sono a testimoniare un volere antico, un segno di eternità, di profondo rispetto per la Madre Terra. Disinnescare millenni di storia con una pala in mano è pura idiozia”.

Il menhir Sombrino, catalogato e censito nel 1993, era posizionato a ridosso di una importante via di passaggio di pellegrini lungo le strade che portavano verso Santa Maria di Leuca e la Terrasanta, non poco distante dalle masseria Macrì, Stanzie, Casale Sombrino. Non sarà stato semplice sradicarlo: era profondamente infisso nel terreno e sporgeva solo per un metro. Riportava numerose croci incise su una delle facce larghe ed un solco profondo sulla sommità. “Un libro da interpretare in un territorio da cui non può mancare e che ora ha perso un testimone importante”, commenta Miggiano.

Ma a chi sono destinate queste pietre arcaiche? Il sospetto è che questi furti alimentino quella che è definita “archeomafia”, il mercato clandestino dei reperti archeologici, che fanno gola ad appassionati di antichità o a chi vuole adornare case e ville. Nel giro di poche settimane, mancano all’appello già tre monoliti, ma sono solo le sparizioni note. Il copione si è ripetuto nelle campagne tra Cannole e Giurdignano, da dove è stato asportato il Menhir Anfiano, oltre che a Surbo, nei pressi della chiesa Madonna di Aurio. Qualcuno si arricchisce di cimeli che in fondo, decontestualizzati, valgono poco. Il territorio intero, però, nel frattempo, diventa più povero.

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