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Sansificio di Trepuzzi, il progetto torna in corsa: Tar annulla il no del Comune

TREPUZZI- Chi pensava che fosse ormai un capitolo chiuso, si sbagliava: si riapre la partita per il sansificio di Trepuzzi. Con una sentenza depositata il 13 agosto scorso, il Tar di Lecce ha annullato il no alla realizzazione formalizzato il 14 dicembre 2013, quando il Consiglio comunale decise di annullare la delibera con cui nel 2008 aveva sostanzialmente approvato il progetto. Già allora la società, la Calor System, per il tramite del suo legale Ernesto Sticchi Damiani, aveva reso nota l’intenzione di intraprendere azioni legali. E così è stato.
Per capire i fatti, bisogna riavvolgere la matassa: nel 2007, l’azienda presenta un progetto di “delocalizzazione” dell’impianto, che da via Kennedy, pieno centro cittadino, dovrebbe spostarsi in contrada Bonavoglia Sgobitello, alla periferia del paese, in zona agricola sì, ma, in realtà, a pochi passi dalle abitazioni. Nel 2008, il Consiglio comunale approva la variante di progetto, rimasta poi nel cassetto per cinque anni, fino a quando, il 20 giugno 2013, Comune e società non sottoscrivono la convenzione per l’attuazione. Da lì, il putiferio. La minoranza e la cittadinanza si oppongono, il sindaco Oronzo Valzano dice di essere all’oscuro di tutto e poi la giunta comunica l’avvio della procedura di revoca del progetto.

La storia approda in un’aula di tribunale. L’udienza si è svolta il 24 giugno scorso. “Il ricorso dev’essere accolto”, sentenzia il Tar. Annullato, dunque, il provvedimento comunale di revoca che si fondava su due ordini di giustificazioni. “Il primo – spiegano i giudici – riguarda il comportamento della società, a cui si addebitano vari ritardi (assenza di “atti idonei alla realizzazione dell’intervento”, mancata acquisizione “dei pareri previsti con la conferenza dei servizi del 12.12.2007”, decadenza determinata dal decorrere del tempo, mentre il parere regionale, espresso in sede di conferenza dei servizi, “richiedeva la fissazione di tempi congrui e certi per la realizzazione dell’attività produttiva, trascorsi i quali l’area interessata dovrà riacquistare la precedente destinazione agricola”). Il secondo verte su valutazioni di tipo paesaggistico-ambientale che scaturiscono da atti regolativi successivi alla delibera consiliare di variante. Nel complesso, quindi, l’atto gravato deve essere ricondotto ad una revoca “per sopravvenuti motivi di interesse pubblico ovvero nel caso di mutamento la situazione di fatto o di nuova valutazione dell’interesse originario””.

Da questo punto di vista, “non si rinvengono specifici rilievi sull’illegittimità dell’atto ab origine”. C’è però un ma: non sono mai stati fissati i termini entro i quali la società avrebbe dovuto muoversi. Nella convenzione urbanistica sottoscritta dalle parti il 20 giugno 2013, anzi, si diceva che “il progetto a base della variante approvata era stato adeguato alle prescrizioni” e che la Calor System si obbligava a cessare “ogni attività produttiva nella sede attuale entro e non oltre 90 giorni dal rilascio del permesso di costruire del nuovo opificio di cui alla presente convenzione” (art. 3).

Per il Tar, “È quindi lo stesso Comune, attraverso la sottoscrizione della convenzione, ad attestare l’assenza di ritardi imputabili alla Calor System e, contemporaneamente, la fattibilità dell’operazione derivante anche dal già espresso giudizio di compatibilità paesaggistico-ambientale (avente ad oggetto uno specifico progetto) contenuto nei precedenti atti del procedimento di variante”.

Da qui la batosta: “Il Comune trascura non solo l’interesse imprenditoriale del privato, ma anche la portata economica dell’attività industriale che la società si è impegnata ad avviare e le relative ricadute nel territorio, fattori questi che hanno determinato la stessa decisione di variare la pianificazione (perché, altrimenti, per evitare emissioni nocive nell’abitato sarebbe stato sufficiente per il sindaco agire ai sensi degli articoli 216 e 217 del testo unico delle leggi sanitarie) e che, d’altronde, a monte, rappresentano la stessa finalità del D.P.R. 20 ottobre 1998, n. 447, intesa appunto a facilitare gli insediamenti produttivi, vecchi e nuovi”.

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