CronacaPolitica

Tar Lecce: la battaglia del Salento per salvarlo

LECCE- La vicenda della soppressone del Tar di Lecce ha messo in allarme tutta la comunità salentina. Quello che Francesco Bruni chiama “furore riformista” potrebbe fare dei danni irreparabili, in primis alle tasche dei cittadini. Operatori della giustizia e istituzioni, tutti d’accordo: una sede a 160 chilometri di distanza sarebbe un danno anche per il diritto, oltre che per il Salento, sempre più ai margini.

Il Consiglio Comunale di Lecce ha voluto discutere dell’emergenza Tar in un consiglio monotematico in cui erano presenti anche i parlamentari salentini: una presenza importante visto che la vera battaglia per correre ai ripari sarà combattuta in Parlamento.

Con 18 voti favorevoli e zero contrari, passa la delibera che impegna l’amministrazione leccese a dare voce alle istanze del territorio e a difendere il Tar Lecce in quanto “presidio di legalità”, come lo ha definito l’avvocato Ernesto Sticchi Damiani.

Sono tante le cose che si perdono con la soppressione del Tar di Lecce: la giustizia amministrativa rischia di allontanarsi dal cittadino comune, con lei una classe forense altamente specializzata e decenni di forte tradizione giurisprudenziale. Non è razionale il provvedimento di Renzi, lo spiegano i molti parlamentari intervenuti, ma anche i consiglieri: il Tar di Lecce serve l’intero Salento, è una delle sedi più efficienti d’Italia. Nel 2013 sono stati accolti 2286 ricorsi contro i 1700 di Bari, in più il Tar di Lecce ha un canone di locazione basso, circa 25 mila euro al mese, mentre la sede barese costa 400 mila euro.

La giustizia amministrativa leccese ha un budget di spese per il funzionamento bassissimo rispetto agli altri: 190 mila euro l’anno. Insomma, le riforme che passano come un caterpillar su tutto rischiano di fare danni, anziché produrre benefici, come ha spiegato il sindaco Paolo Perrone: “Non è una battaglia di campanile, ma la necessità di garantire a tutti i cittadini una giustizia vicina e accessibile”. Sulla stessa lunghezza d’onda il consigliere con delega alla giustizia Daniele Montinaro: “Provvedimento irrazionale e dannoso, che tocca le tasche dei cittadini”.

Il senatore Bruni polemizza con le riforme spot che finiscono per fare di tutta l’erba un fascio. Unito nella battaglia anche il Movimento 5 Stelle: De Lorenzis spiega che si tratta di un’assurdità che scoraggerà la richiesta di giustizia di tutti quei movimenti che per difendere ambiente e paesaggio saranno costretti a fare chilometri. Salvatore Capone difende le riforme di Renzi, necessarie a cambiare il paese, ma spiega che il Parlamento potrà salvare il Tar di Lecce. Difesa d’ufficio dei provvedimenti di Renzi anche da parte del capogruppo Pd, Paolo Foresio, che però, ha spiegato che il suo partito è già attivo per cercare di convincere Delrio a fare un passo indietro sul Tar Lecce.

E’ una battaglia per il territorio, spiegano i militanti del Movimento Regione Salento, che erano presenti in aula con bandiere e cartelli, perché rischia di essere ulteriormente desertificato e impoverito, perché il cittadino sarà sempre più distante dagli enti che contano e dalla giustizia. Ma, soprattutto – spiegano- perché le vere riforme sono quelle condivise e costruite in maniera organica, come quella della Società Geografica Italiana: 36 regione, 36 prefetture, 36 Tar e via dicendo, perché il cittadino possa sentire le istituzioni e la giustizia vicini.

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Paolo Pagliaro esprime amarezza per una politica troppo rassegnata a una desertificazione imminente: “Anche oggi ho assistito alò funerale del Salento. Abbiamo eletto sindaci, presidenti di provincia, consiglieri e parlamentari perché rappresentino le comunità e tutelino il territorio, non per offrir loro una comoda poltrona dalla quale meditare il salto verso qualche altra postazione. Oggi i politici sembrano pronti ad accodarsi al corteo funebre del Salento, come parenti lontani che piangono lacrime di coccodrillo in attesa di spartirsi l’eredità. Dobbiamo guardare al futuro, alle nuove generazioni, a dare speranza ai giovani che studiano per lavorare, non per fare i disperati o gli emigranti. Se non li aiutiamo noi, chi lo farà?

La tristezza non si addice ad una classe dirigente seria e rappresentativa dei bisogni della gente -conclude-  I cittadini hanno necessità di poter contare su amministratori e politici forti delle loro idee e delle loro azioni. Non hanno bisogno di una politica da funerale”.


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