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Dalla Puglia alle Puglie, “Si discuta della nuove architettura territoriale”

LECCE- Ripensare prima, ridefinire poi i territori. E discuterne, con lucidità, al di là di steccati o pregiudizi politici. In Italia come in Puglia. Partendo dal rigore storico, scientifico ed economico. Punta a questo il workshop “Verso una nuova dimensione territoriale della Regione Puglie”, al plurale, organizzato al Museo Sigismondo Castromediano di Lecce da Università del Salento, Società Geografica Italiana e Provincia. Una nuova architettura da concepire, “per riequilibrare – è stato detto – la riforma che ha previsto da un lato la creazione delle città metropolitane e dall’altro lo svuotamento delle province”. E’ su questa ridefinizione dell’Italia che, su incarico del governo, la Società Geografica sta lavorando.

La proposta messa a punto si basa sul cosiddetto “fattore 36”, che prevede un assetto formato da 36 regioni più piccole al posto delle venti attuali.

A 36 dovrebbero essere ridotte anche le attuali 106 prefetture, le 103 ragionerie di stato, i 101 archivi di stato, le 111 agenzie delle entrate e così via… a zero, invece, dovrebbero essere riportate le province e le città metropolitane. Numeri, ovviamente, su cui innestare la discussione politica da avviare anche a Roma, ma che deve maturare prima nei territori.

NUOVA CARTINA 36 REGIONI

L’Università del Salento ha avviato già un tavolo di lavoro assieme alla Provincia e alle imprese che si occupano di ambiente e pianificazione, per discutere di un nuovo modello organizzativo che per il Salento non venga calato dall’alto, ma sbocci dal basso.

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Nel corso del pomeriggio si è proceduto con la Sessione II del workshop dal titolo “Sfide e opportunità della possibile nuova organizzazione del territorio pugliese”. Nell’ambito dell’incontro ha preso parola il professore Fabio Pollice dell’Università del Salento, secondo il quale quello della Società Geografica Italiana si presenta come un ottimo progetto perchè desidera recuperare il fondamento territoriale dello Stato, che si è smarrito nel tempo. “Il problema attuale è che manca l’azione politica che dovrebbe far diventare questo progetto una realtà. Fino ad oggi, la classe dirigente non è ancora riuscita a generare l’integrazione dei territori”.

Ma come mai questo progetto, seppur abbia tutte le carte in regola, non riesce a sfondare a livello nazionale? Secondo Paolo Pagliaro, Presidente del Movimento Regione Salento, il problema è che il “fattore 36” viene visto come una riforma impegnativa, complicata e controcorrente.

“Ci siamo  chiesti perché si parla di accorpare Comuni,svuotare le province, addirittura mettere mano alla Camera alta del senato e non si parla di rivedere le Regioni. Qualcuno si chiede perché? Perchè lì c’è la spesa pubblica, la gestione del potere, la gestione partita di tutte le società partecipate dove molto spesso si posizionano i trombati di ogni campagna elettorale.

Al momento la fotografia del nostro Paese è questa: noi abbiamo 20 regioni più due province autonome, quindi 21 enti che sono governati nella stragrande maggioranza dei casi dal centrosinistra: su 21  oggi ci sono forse 17 regioni governate dal centrosinistra e forse solo 2-3  dal centrodestra. I comuni che forniranno i rappresentati per la strutturazione del nuovo ente  provincia  di secondo livello sono nell ‘85% governati da sindaci di centrosinistra. Le città metropolitane saranno al 100% governate dal centrosinistra . Infine, il  Senato non più elettivo, ma formato da rappresentanti  delle regioni, delle città metropolitane e dai comuni, sarà per il 90% rappresentato dal centrosinistra…

Oggi la politica ha perso il valore principale della sua missione che è quella di creare le condizioni per migliorare la qualità della vita e il benessere a favore dei cittadini -afferma Pagliaro- … Oggi non abbiamo bisogno di riforme-spot, ma  bisogna partire da un  mosaico territoriale che faciliterebbe la riorganizzazione di tutti gli organismi dello Stato, partendo dalla revisione delle regioni stesse“.

Per il Presidente Pagliaro è necessaria una partecipazione attiva da parte della politica, delle istituzioni, una partecipazione che purtroppo fino ad oggi è venuta a mancare per altri interessi. “Siamo in una fase nevralgica delle riforme…e questa del “fattore 36″ è una riforma del buonsenso…Se non ora quando?”

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