Dal basso ma alla grande. La sintesi del primo maggio a Taranto sta tutta in queste parole della 99 Posse urlate dal palco prima dell’esibizione. È tarda sera e la folla immensa che ha raggiunto e riempito il parco archeologico delle mura greche si accende ancora una volta. Centomila persone, forse di più, per vivere un evento che per contenuti e musica non si è risparmiato.
Nemmeno un po’. Un successo. «È paglia che aspettava un cerino» aveva detto il giornalista e scrittore Pino Aprile al convegno della mattina al quale ha partecipato, tra gli altri illustri relatori, anche il segretario nazionale Fiom Maurizio Landini: «L’epoca dei Riva si è chiusa prima» della morte del patron dell’Ilva, Emilio. «Serve una proprietà pubblica che garantisca gli investimenti necessari»: è questa la strada indicata da Landini per il «cambiamento».
La seconda storica edizione del concerto autofinanziato organizzato dal comitato cittadini lavoratori liberi e pensanti non voleva più finire. Quasi dodici ore riempite da artisti e testimonianze importanti per respirare a fondo i problemi che non sono solo di questa terra. Futuro, lavoro, salute, ambiente, inquinamento. Da nord a sud. La voce di chi lotta e si ribella ai veleni sociali e industriali ha trovato una eco talmente forte che qualcuno ha pure provato a ridimensionare la portata dell’evento. Senza riuscirci.
Il primo maggio di Taranto ha raccontato storie, ha intrecciato destini, ha raccolto forze positive e poi ha mescolato tutto alla musica e al fango dopo la pioggia. Poi le parole di Gino Strada, in collegamento dal Sudan su Radio1 Rai: «A Taranto si baratta il lavoro con la salute, è una cosa indegna di un paese civile. Un paese civile – il riferimento qui è alla vicenda Aldrovandi – non può avere tra chi deve proteggere i cittadini, persone che applaudono degli assassini».
Una lunga no stop aperta da Caparezza e chiusa dagli Afterhours. Nel mezzo la partecipazione di tante associazioni e gruppi di uomini e donne che lottano sul fronte ambientale in difesa della salute e della vita, dei diritti calpestati.
Tocca anche a Tina Di Raffaele che è di Crotone e che combatte il cancro e ci mette la faccia: ha deciso di non darla vinta al male e alla malasanità che la costringe a lunghi spostamenti e lunghe file per la chemio e la radioterapia. Tina denuncia la sua situazione che è quella di tanti ammalati e butta fuori la rabbia tra gli applausi della gente. Qui più che altrove le sue parole scavano dentro perché il dramma sanitario di Taranto è ancora lontano dall’essere superato.
«Vi malediciamo ogni giorno per ciò che potreste fare e non fate, per ciò che avreste potuto fare e non avete fatto. Verrà il giorno in cui il nostro silenzio sarà più forte delle voci che avete soffocato». È il duro attacco di Michele Riondino al «signor presidente del consiglio», ai «signori ministri», al «signor presidente della Regione», al «signor sindaco» e ai «signori sindacalisti». È odio mosso da amore.
Nicola Sammali
Foto di Valentina Pellegrino