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Il Ministero incalza Tap: “Incongruenze” e mancanze nel progetto

ROMA- 48 punti, che corrispondono a 48 falle, quelle che il Ministero dell’Ambiente chiede a Tap di integrare in 45 giorni, altrimenti valuterà sulla base dei documenti in suo possesso e che presentano non poche mancanze e “incongruenze”. È utilizzato questo termine dai tecnici ministeriali, ad esempio in riferimento ad uno dei nodi più discussi, quello della presenza di Posidonia, che dalle cartografie della stessa Regione Puglia, si interrompe magicamente sui confini amministrativi del Comune di Melendugno, per poi riprendere prima e dopo.

Per questo sulla Poseidonia e sulla Cymodocea nodosa “si chiede di fornire una mappatura definitiva ed univoca”. Di più. “Per la maggior parte degli strumenti normativi, non sono state quantificate le interferenze dell’opera con i diversi vincoli” – scrive il Ministero, che rigira il dito nella piaga: “Bisogna approfondire le analisi delle alternative, sia di quelle sviluppate a nord di quella prescelta e già ipotizzate nel Sia e sia di ulteriori diverse alternative non contemplate nel Sia con evidenziati i vincoli e i fattori critici, valutando con palese evidenza il loro potenziale utilizzo”. Su questo è chiaro, dunque, il Ministero: evidentemente non è possibile pensare a San Foca come unico punto di approdo, per il quale, tra l’altro, “non sono state quantificate le interferenze dell’opera con i diversi vincoli/zonizzazioni”.

Poi, si entra nel dettaglio: in riferimento al terminale di ricezione, si richiede di “contenere l’attuale area di circa 12 ettari, limitando la superficie a quella indispensabile per la realizzazione degli impianti strettamente necessari”.

Sull’area di cantiere a terra, “si ritiene indispensabile verificare e valutare la possibilità di una ottimizzazione del lay out del cantiere, al fine di minimizzare le occupazioni temporanee di suolo, limitando nel contempo le operazioni di espianto/reimpianto delle numerose piante di ulivi”. Che sono oltre “1900, di cui il 15% monumentali”.

Si chiede inoltre di approfondire l’attività per l’esecuzione del microtunnel, considerando che i fluidi utlizzati potrebbero contere anche agenti e additivi chimici che “in caso di dispersioni incontrollate, sono altamente inquinanti e tossici per molte specie animali e organismi acquatici”.

Nella sezione in mare, invece, la condotta attraversa “svariate zone critiche a morfologia molto complessa e accidentata” e, inoltre, vicine ad “aree di cancoraggio regolamentate, aree di discarica di residuati bellici, aree di pesca e ad intenso traffico marittimo”. Per questo bisogna approfondire, per capire se il rischio “può essere considerato o meno accettabile”.

Nell’ultimo punto, il Ministero ricalca quanto chiesto più volte da comunità e enti locali: richiede una “valutazione preliminare anche sugli impatti cumulativi che la complessa realizzazione dell’infrastruttura a regime potrà indurre”, visto che a terra si dovrà comunque realizzare il raccordo con la rete Snam.

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