Cronaca

La figlia di Vetrugno: “Ci condannano perchè portiamo questo nome! Ma noi non siamo mafiosi”

MONTERONI- “Ci condannano perchè portiamo questo nome!”. Così è quanto scrive Federica Vetrugno all’interno di una lunga lettera inviata alla nostra redazione. 

Di seguito il testo integrale:

“ULTIMO ATTO DELLA MALA-GIUSTIZIA. Con oggi si conclude la farsa innescata della giustizia contro 4 persone colpevoli di essere la moglie e i tre figli di Vetrugno Lucio, ritenuto un boss mafioso e ucciso il 22/12/2010 da mano ancora incognita. La Suprema Corte di Cassazione ha stabilito che tutti i beni a noi intestati vengano del tutto confiscati. Ora il risultato era abbastanza risaputo, ma voglio rendere note le motivazioni messe nero su bianco dalla strepitosa fantasia della DIA (Direzione Investigativa Antimafia) di Lecce.

In ordine: – Un terreno agricolo donato dai miei nonni paterni ai miei genitori nel lontano 1981 dove esiste un’abitazione composta da due stanze e da due capannoni costruiti con materiali di scarto. Pagato all’epoca 18.000.000 di Lire e sequestrato perché, secondo la DIA, ha un valore di 200.000,00 euro. Sempre secondo la DIA di Lecce, le migliorie apportate, cioè i capannoni di eternit, sono frutto di proventi illeciti e quindi mafiosi; – Due abitazioni, che in realtà sono una ma che al catasto furono divise in particelle, sulla quale esiste un mutuo trentennale e che viene confiscata perché sicuramente il mutuo viene pagato con proventi illeciti; – Un complesso aziendale di ovini e bovini del valore stimato di 18.000,00 , del tutto regolare con il fisco e sequestrato perché frutto di proventi illeciti; – Terreno agricolo con annessa masseria del tutto in rovina, frutto del tutto di proventi illeciti; – Complesso aziendale costituito da una caffetteria, di proprietà di mia sorella, che viene sequestrato poiché il boss Vetrugno, un giorno viene notato mentre è intento ad arrostire della carne e quindi è di sua proprietà. Anche su questo bene esiste un mutuo; – Due club privati, intestati ad altre persone, privi di ogni cespite perché tutti di proprietà di alcune ditte di noleggio, sequestrati perché, sicuramente secondo la DIA di proprietà del boss in questione; – Una tigre del valore di 300 euro nutrita giornalmente con scarti di allevamento e di macellazione; Questo è l’elenco dei beni confiscati e che secondo la fantasia della DIA di Lecce hanno un valore di quasi un milione di euro e che in realtà, messi tutti insieme non valgono nemmeno duecentomila euro (valore stimato di una perizia!) e che sfido chiunque a vedere con i propri occhi.

Questo è l’elenco dei beni che la DIA, il Tribunale di Lecce e per ultimo la Cassazione confisca perché, secondo i lor Signori, vi è una sproporzione tra il reddito dichiarato e i beni posseduti. Questo è l’elenco dei beni confiscati a quattro persone che hanno sempre lavorato e che devono pagare il conto di essere rispettivamente moglie e figli di un Boss mafioso e che per questo non hanno nessun diritto di replica. Abbiamo assistito ad una farsa, ad un processo alle nostre vite, ad umiliazioni continue e a fantasiose ricostruzioni, ovviamente dimostrabili dalla realtà, ma che non importano alla Legge Italiana.

Sono stare prodotte da parte nostre documentazioni, testimonianze e perizie per dimostrare quanto tutto sia surreale ma nulla è stato ascoltato. Nessuno dei soggetti che hanno richiesto, ordinato e decretato tale procedimento ha mai voluto ascoltare le nostre ragioni, non hanno mai voluto conoscere veramente le nostre vite. Il nostro cognome è bastato ad essere condannati.

Il rammarico e il dolore che si prova non è assolutamente frutto di natura economica rispettivamente al bene perso, ma è frutto del sopruso. Del sopruso che viene esercitato contro una famiglia semplice, formata da quattro lavoratori che ogni giorno devono pagare il caro prezzo di essere i parenti di. Tre anni di guerre giudiziarie contro di noi, tre anni di falsità inequivocabili. Questo è il frutto di tre anni di persecuzione contro chi meritava giustizia. Si perché ci si precipita a confiscare e ad additare la nostra famiglia per dare la conferma che la mafia viene sconfitta, paradossalmente dove la mafia non esiste, dove esiste lavoro, fatica e sacrifici. Nessuna risposta viene data sulla morte di un uomo, sulla morte di un padre, poco importa questo, il defunto altro non era che un Boss Mafioso e quindi non merita nulla come non meritano nulla i suoi parenti. Questa è la giustizia in cui la vittima diventa carnefice. Questo è il vergognoso ed ignobile risultato di quella che vuol essere chiamata Giustizia. Tutto ciò che ho voluto dire è palesemente dimostrabile e visibile a chiunque lo voglia.

Faccio i miei complimenti a tutti i signori che hanno collaborato a questa sceneggiata, hanno tutti contribuito a dimostrare come LA LEGGE NON SIA UGUALE PER TUTTI”.

FEDERICA VETRUGNO

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