Politica

Il Consiglio regionale frena sulla legge elettorale

BARI- Non solo il Parlamento, anche il Consiglio regionale pugliese si arrovella sulla legge elettorale. Premio di maggioranza si, no, forse e soprattutto come. Questo il dilemma che fa rimanere al palo la riforma pugliese. E lì ci rimarrà ancora per un po’. Il presidente del Consiglio, in accordo con i capigruppo ha deciso di congelare l’argomento sino a che la Corte Costituzionale non si sarà espressa sulla legge elettorale della Lombardia.

Cosa c’entra con la Puglia? Nulla in via teorica. Molto in sostanza. Ciò che il parlamentino pugliese vuole cercare di capire è come sarà interpretato il premio di maggioranza dalla Consulta. E quanto deciderà sul caso Lombardia solcherà una strada da seguire per evitare che la legge venga impugnata a ridosso del rinnovo del Consiglio regionale nel 2015.

I punti sotto accusa nel sistema lombardo sono due:

-il premio ‘presidenziale’, per cui le liste collegate al presidente eletto con almeno il 40% dei voti, ottengono sempre almeno il 55% o il 60% dei seggi;

-la soglia di sbarramento, anch’essa connessa ai risultati delle elezioni presidenziali.

Il successo insomma è tutto legato al presidente. Ed è questo il cuore della faccenda. Se un candidato la spunta per una manciata di voti a far da padrona diventa la sua coalizione che magari racchiude partiti con poco consenso. E se, invece, si legasse il premio di maggioranza alla coalizione e non al presidente si incapperebbe nel rischio anatra zoppa come i comuni.

Tutti questi dubbi hanno indotto l’ufficio di presidenza a stoppare la legge fino alla sentenza.

Ma non sono gli unici. Se il governatore l’8 marzo ha fatto appello affinché si possa garantire un consiglio regionale metà uomini e metà donne, in Aula è ancora fresca la bocciatura di quella famosa legge 50 e 50 che rendeva obbligatoria la doppia preferenza. E sull’ipotesi che torni in Aula più di qualcuno sventola la teoria secondo la quale ormai, con una bocciatura sonora, il caso è chiuso. Come chiuso, secondo i partiti maggiori, è la soglia di sbarramento al 4% sulla quale i partitini non intendono mollare.

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