Cronaca

Edipower, parlano i lavoratori: “Stipendio dimezzato e futuro nebuloso”

BRINDISI- Mentre il dibattito e lo scontro tra ambiente ed energia prosegue, sale la preoccupazione di chi, suo malgrado, si ritrova al centro del ciclone. Di chi, suo malgrado, vede il posto di lavoro a rischio e di chi, suo malgrado, è costretto a sacrifici economici senza, però, avere garanzie. I lavoratori di Edipower hanno ascoltato le varie posizioni e seguono il dibattito. Ma ora, parlano ed esprimono il loro punto di vista.Che poi è, fondamentalmente, una denuncia.
Al centro del comunicato inviato dai dipendenti della centrale Brindisi Nord la “crisi aziendale che sembra “irreversibile”. E infatti, come puntualizzato dai lavoratori, da circa un anno e mezzo l’impianto termoelettrico è fermo a causa della contrazione dei consumi. Tanto che, da dicembre 2013, il personale ha accettato di ridursi del 50% l’orario lavorativo aderendo ad un “contratto di solidarietà” sottoscritto dal Sindacato, con una conseguente riduzione dello stipendio, “un sacrificio collettivo per consentire a tutti di lavorare e scongiurare la cassa integrazione”.

Nel mezzo, anche il nuovo piano industriale già presentato che prevede la modifica parziale dell’assetto di combustione e nel contempo il dimezzamento delle emissioni, con il funzionamento futuro di un solo gruppo dei quattro che compongono la centrale e la demolizione dei due gruppi più vecchi, ormai in disuso dal 2001.

“Tale investimento – scrivono i lavoratori – consentirebbe una ripresa, seppur limitata, della produzione nonché nuove assunzioni”.

Ma il futuro è comunque nebuloso. Perché, si legge nella nota, le dichiarazioni che giungono da esponenti politici locali, regionali e nazionali e da molte associazioni ambientaliste non lasciano spazio ad alcuna possibilità di investimento se non quello per la chiusura e dismissione dell’impianto. “Dai dibattiti di questi mesi – scrivono i lavoratori – non emerge nessuna proposta concreta sui progetti industriali presentati e sull’occupazione ma solo un delegare ad altri colpe, responsabilità e nuovi modelli di sviluppo che, ce lo auguriamo, forse li vedranno i nostri figli”.

Insomma, basta teatrini e passerelle. Il problema va affrontato senza strumentalizzazioni al fine di salvaguardare il livello occupazionale.

“Ci auguriamo che questo sacrificio economico, che durerà fino a dicembre 2014, non sia aggravato – concludono i lavoratori – dal ricorso ad altri ammortizzatori sociali e che l’incertezza sul nostro futuro lasci il posto alla concretezza di un lavoro stabile”.

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