Cronaca

Chiede terriccio, gli danno rifiuti: il risvolto dell’inchiesta sui fanghi

BRINDISI- Aveva chiesto terriccio per la sua campagna, terra buona su cui poter fare l’orto. Invece, gli hanno portato un carico di veleni, “un mix di rifiuti speciali pericolosi e non, mix sul quale, ove non fossero intervenuti i carabinieri del Noe di Lecce, è ragionevole ritenere sarebbero state avviate delle coltivazioni”.
È questa probabilmente la storia più inquietante che emerge dagli atti dell’inchiesta sui fanghi dragati dal porto di Taranto e seppelliti nelle campagne del Brindisino, senza aver subito, secondo gli inquirenti, alcun trattamento nell’impianto di Vincenzo Montanaro, a Mesagne. Lì, anzi, “vi è più di un ragionevole motivo per ritenere che i fanghi di dragaggio siano stati miscelati con altri rifiuti speciali pericolosi e non di altra provenienza, emergendo in modo piuttosto evidente che parte dei rifiuti rinvenuti nelle aree sottoposte a sequestro dei fratelli Vinci non possa in nessun modo, anche facendo ricorso alla più fervida delle fantasie, ricollegarsi all’attività di escavo dal porto” ionico.

Questo ha scritto il gip Maurizio Saso, che ha accolto le richieste del pm Giuseppe De Nozza, ordinando il sequestro di 17 autotreni, 3 rimorchi e una società, oltre all’interdizione per sei mesi di quest’ultima, appunto, l’impianto di recupero di Montanaro.

Nell’interrogatorio reso di fronte al pm, uno dei proprietari dei fondi su cui i fanghi sono stati sversati, Fabrizio Distante, che tra l’altro risulta tra gli indagati, conferma che con Montanaro “era stato raggiunto un accordo in forza del quale quella massa di rifiuti avrebbe dovuto essere conferita sui suoi terreni”. In cambio, Distante non avrebbe pagato il carico, ma avrebbe corrisposto il costo del quantitativo di gasolio necessario per il trasporto. Così, stando a quanto scritto nell’ordinanza dal gip, l’Impresa di Montanaro “risparmiava, oltre ai costi di un’attività di recupero mai svolta, anche quelli relativi allo smaltimento di quel materiale in una discarica autorizzata”.

È il motivo per cui l’imprenditore è considerato l’istigatore del reato, mentre comunque per Distante è stata respinta l’istanza di riesame proposta per lui e risulta indagato per gestione illecita di rifiuti ed esercizio di discarica abusiva. È però anche uno dei motivi per cui la Procura di Brindisi ha deciso di non fare sconti, ritenendo “impensabile il livello di insensibilità dimostrato nei confronti di beni e interessi di rilevanza collettiva, quali l’ambiente, la salute e la tutela dell’identità paesaggistica di luoghi di inestimabile pregio quali le campagne coltivate ad uliveto”.

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