Cronaca

Fiera del Levante, il tracollo passa dalle “allegre” assunzioni

BARI- Un esercito di assunti nel giro di una notte. Promozioni senza meriti e criteri, bonus e incentivi senza nemmeno aver raggiunto il risultato. Buste paga che anno dopo anno si ingrossavano. La Fiera del Levante è stata per oltre 10 anni l’isola felice di chi ambiva al posto fisso senza passare dal concorso pubblico. E anno dopo anno, il costo del personale è cresciuto al punto da causare una voragine nei conti senza freni e più controllo.

E’ questo uno dei motivi più gravi del disastro finanziario in cui versa l’Ente.

Lo stato di salute è stato definito dal presidente Ugo Patroni Griffi, “gravissimo”. Ma il quadro, incredibile, emerge dalla due diligence che lo stesso presidente ha commissionato al commercialista e revisore legale Massimiliano Cassano e dalla precedente relazione del prof. Roberto Voza.

91 pagine in cui si scandagliano i conti della Fiera dal 2002 ad oggi. E che mostra come il debito è scivolato sempre più giù, passando dai quasi 7 milioni del 2002 ai 18 del 2012, escludendo da questi le spese per le cause, i rischio e i costi del 2013.

Ma, come detto, è il personale la voce che fa strabuzzare gli occhi. E allora capiamo perché: oggi, innanzitutto i 67 dipendenti dell’Ente costano 3 milioni e 600 mila euro a fronte di un ricavo di appena 4 milioni e 200. E tante sono le anomalie.

Il primo giugno del 2001, ci fu un’assunzione di massa. 28 dipendenti in meno di 24 ore. Una stranezza ma che, nei corridoi della Fiera, appare sospetta. La versione più morbida è che si siano volute evitare decine di vertenze visto che quelle 28 persone erano state assunte con contratti illegittimi.

Altro problema è la classificazione del personale: il contratto nazionale del settore terziario prevede contratti di primo livello impiegatizio, in Fiera invece sono tutti diventati dirigenti. Oggi ne sono ben 7 inquadrati così. Inquadramenti, quelli ad hoc della Fiera, che consentono scivolamenti verso l’alto molto veloci.

Altro punto: l’orario di lavoro. Il contratto nazionale prevede 38 ore, in Fiera se ne fanno 36 con il risultato che solo nel 2012 sono stati pagati 212 mila euro di straordinario per arrivare alle 38 previste dal contratto nazionale.

Una anomalia tutta in salsa fieristica è lo straordinario per i dirigenti. Tanto strano da doverlo definire nelle “carte ufficiali” una sperimentazione. Tradotto i già privilegiati dirigenti hanno un bonus da 7mila euro all’anno ciascuno da aggiungere alla busta paga.

Per tutti, poi, compaiono superminimi aziendali, individuali, assegni ad personam, una tantum, insomma bonus che non hanno alcun collegamento con i premi di produttività che alla Fiera del Levante non sono affatto necessari per avere degli incentivi in busta paga.

Menzione particolare meritano anche i custodi del quartiere fieristico. Il contratto nazionale prevede 45 ore, ma lì se ne fanno solo 39. Anche in questo caso un’ora e mezza al giorno è ormai consolidata come straordinario con il relativo bonus. E non basta perché i vigili semplici sono inquadrati non con un primo livello ma con un quarto, il capovigile è un terzo livello e il responsabile della vigilanza ha, va da sé, un contratto da manager.

L’ultimo caso anomalo riguarda una dipendente. Chiede l’avanzamento di carriera, l’Ente fiera lo nega. Finiscono dinanzi al giudice. La dipendente perde la causa in primo grado, la perde in appello ma prima che si arrivi al giudizio della cassazione, la Fiera rinuncia al contenzioso e le riconosce l’avanzamento di carriera.

Dei 67 fortunatissimi dipendenti, solo 6 sono stati assunti con concorso pubblico. Il resto non è da dato sapere. O forse è meglio non sapere. Come i 400 contratti a termine che si stipulano per il periodo della Campionaria, anche in quel caso mai attinti dalle graduatorie dei centri per l’impegno ma sempre ad affidamento diretto.

Il personale è oggettivamente in esubero. Il Fabbisogno stimato parla di 20 dipendenti. Ma naturalmente i sindacati sono sul piede di guerra per aver paventato i licenziamenti.

Il problema è che per terminare l’anno in corso servono altri 10 milioni di euro e questo, ha spiegato in Commissione consiliare Patroni Griffi, dovrebbe essere a carico dei Soci fondatori. Anche perché nel 2014 sono preventivate spese per oltre 4 milioni di euro per il rifacimento degli immobili. E oggi sembra davvero impossibile trovarli.

L’abisso in cui è finita la Fiera, affogata negli sprechi e nelle gestioni allegre, poteva essere evitato già 4 anni fa. Ma nessuno l’ha fatto. “Ora – ha spiegato il presidente – se non si sana almeno il pregresso l’Ente fiera rischia l’insolvenza” e allora anche l’ultima possibilità di privatizzarla sfumerà sancendone la fine.

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