Cronaca

Rifiuti spa, da Pianura a Brindisi: L’Indiano svela il tetris in odor di camorra

BRINDISI- Le parole di Carmine Schiavone sono datate. Le parole di Carmine Schiavone su un presunto traffico di rifiuti tossici nel Salento sono fumose. Zero luoghi, pochissimi nomi. Anche il richiamo ai circoli culturali, come sono definiti, sembra più un ricordo sbiadito. E’ lì che si procacciavano gli affari, si annodavano i contatti. È lì che i broker della camorra incontravano gli imprenditori del nord che avevano bisogno di smaltire a poco prezzo rifiuti molto pericolosi. C’era anche “qualcuno di Lecce che era collegato” a questi circoli, secondo Schiavone. Ma nulla più. E’ come trovarsi di fronte a un vicolo cieco.
Basta per stare tranquilli? In realtà, è scorrendo ancora le quaranta pagine di relazione che viene a galla qualcos’altro. Un nome. Solo uno. In grado di aprire però uno squarcio amplissimo su collegamenti, date, intrecci. Tutto sull’asse Napoli- Brindisi.

Ad un certo punto, il presidente della Commissione parlamentare antimafia, Massimo Scalia, chiede a Schiavone se ha mai sentito parlare della “Sir di Fiorillo, Ugolini e Gava Rosario”. Lui gli risponde di no. Poi, più avanti, viene riformulata la domanda, chiedendo se avesse mai sentito nominare “la società di trasporti Rona, il cui proprietario è il Fiorillo della Sir”. E Schiavone accenna: “Fiorillo l’ho sentito nominare”.

Chi è Fiorillo? Un nome noto alle cronache salentine. Uno di quelli che rimangono impressi per il reato per cui sono stati accusati: traffico illecito e gestione illecita di rifiuti. In questo caso quelli pericolosi provenienti dal nord e finiti dritti dritti nella discarica di contrada Formica, a Brindisi.

Vincenzo Fiorillo era il consigliere di amministrazione della Formica Ambiente srl, la società cui apparteneva e appartiene la discarica. È stato arrestato il 19 marzo 2009 dai carabinieri del Noe di lecce, che dopo approfondite indagini, anche tramite intercettazioni, scoprirono il meccanismo e le figure che c’erano dietro al flusso di rifiuti tossici nocivi, che sarebbero stati illegalmente smaltiti lì e che arrivavano dal Veneto, dal Lazio e dalle Marche.

Ad essere state sversate, secondo i carabinieri, erano state migliaia di tonnellate di scarti industriali contaminati dalla presenza di piombo, cadmio, mercurio, oltre i limiti di ammissibilità in quel tipo di discarica. Il tutto con la complicità di chimici, che avrebbero avuto un ruolo nella falsificazione delle analisi dei rifiuti: declassando la pericolosità e tramutando i codici, si dava la patente perché venissero smaltiti alla formica a basso costo.

Oltre a Fiorillo, dunque, furono eseguiti altri nove provvedimenti di custodia cautelare, emessi dal gip Alcide Maritati su richiesta del procuratore aggiunto Cosimo Bottazzi e dei pm Giuseppe De Nozza e Cristina Fasano. Cinque le aziende interessate dai sequestri. Ai domiciliari ci finirono quattro dipendenti della Formica, in carcere, invece, Fiorillo, tre imprenditori, Salvatore La Penna, tecnico di parte e membro del Comitato tecnico rifiuti della Provincia di Brindisi, e Paolo Castiglione, napoletano, gestore di fatto della discarica. Quel processo ora è alle battute finali. In tre hanno patteggiato subito la pena; per gli altri, come sempre, vale il principio della presunzione d’innocenza fino all’ultimo grado di giudizio.

Ma cosa c’entra tutto questo con Schiavone? Poco con le sue parole e i suoi non ricordo di quella relazione di 16 anni fa. molto, invece, con fatti, coincidenze e collegamenti che spetterebbe alla magistratura approfondire.

C’è un filo rosso che, nel tempo, collega la discarica Formica di Brindisi a un’altra discarica, diventata una dei simboli di Gomorra e dello stupro ambientale della Campania: quella di Pianura, la più grande d’Italia. Schiavone stesso racconta la sua storia, la disgrazia di essere divenuta la pancia di 57mila tonnellate di rifiuti tossici smaltiti senza criterio per far guadagnare la camorra e con la benedizione delle amministrazioni.

La matassa è imbrogliata. Ritrovare il bandolo è stato possibile solo incrociando visure camerali e atti parlamentari, come la Relazione sugli assetti societari di imprese operanti nel ciclo dei rifiuti del 2000. Quello che ne è venuto fuori pare essere incredibile.
Tutto parte dalla discarica di pianura, appunto. Era gestita dalla Di.fra.bi spa, che poi venne rilevata nell’87 dalla Elektrica spa, colpita nel 2004 da interdittiva antimafia. Tra i suoi soci la Elektrica aveva Francesco La Marca.

Direttore tecnico della Elektrica, fino all’88, fu Giuseppe Giordano, che in quegli anni era anche amministratore unico della Ines sud srl, la società che gestiva la discarica Formica di Brindisi, dove in quegli anni si smaltivano le ceneri della centrale di Cerano. Per quello, Giordano fu condannato nel ‘92, ma poi intervenne la prescrizione. Al suo posto, dopo vari passaggi, è divenuto amministratore Francesco Rando. Si tenga in mente questo nome.

Ines sud annoverava tra i soci il duo Vittorio Ugolini e Vincenzo Fiorillo, coppia affiatatissima, che ritroviamo nella proprietà di diverse altre società: la Sir srl, che inizialmente aveva la stessa sede della Elektrica; la Ecogest; la Rona: quest’ultima, aveva tra i suoi soci, a sua volta, la Ecogest e quel Francesco La Marca della Elektrica spa. Non solo. Il tandem Ugolini – Fiorillo era anche tra i soci della Formica Ambiente srl, che al posto della Ines sud ha poi gestito la discarica Formica. Ugolini rimane fino al 2002, Fiorillo continua fino al 2009, anche, abbiamo visto, nelle vesti di consigliere di amministrazione. Nel frattempo, fino al 2008, era diventato anche consigliere nella Systema Ambiente srl.

Di chi è quest’ultima? Una quota che sfiora il 30% ce l’ha proprio la Formica Ambiente e a capo del cda ha avuto Manlio Cerroni, “l’ottavo imperatore di Roma”, com’è chiamato, il re delle discariche romane, compresa quella chiacchieratissima di Malagrotta.

È nel suo gruppo che oggi rientra anche Formica Ambiente. Ha alla guida del cda c’è Piero Giovi. Chi è? Quel che si sa è che è stato consigliere in un’altra società più che nota alle cronache nazionali: la Slia, nella cui proprietà abbiamo ritrovato quel Francesco Rando della Ines sud di cui sopra, gestore, inoltre, di Malagrotta. Per presunti illeciti smaltimenti in quella discarica fu anche arrestato.

Sulla Slia si è abbattuta, poi, interdittiva antimafia e dalle sue ceneri è sorta la Enerambiente, società veneta che ha gestito a lungo l’appalto della raccolta rifiuti nel capoluogo campano e fallita nel febbraio 2012. Sarà sicuramente un caso, ma ha avuto per amministratore delegato l’avvocato Giovanni Faggiano. Nome più che comune a Brindisi e provincia. Arrestato nel giugno 2012, per la seconda volta, nell’ambito di un filone di inchiesta sui presunte truffa, estorsione e corruzione. Per appalti irregolari, sempre con la Enerambiente, era stato arrestato anche nel luglio del 2011.

È quella la stessa società che venne posta sotto “osservazione” dagli inquirenti, perché considerata riconducibile ad un personaggio indicato quale anello di congiunzione tra il clan D’Alessandro di Castellammare di Stabia e la Sacra Corona Unita. Il quadro che viene fuori è impensato. Ogni casella si incastra in un tetris fatto di passaggi societari legittimi, certo, ma di coincidenze che sollevano interrogativi.

E’ compito della magistratura ora fare chiarezza. E capire se si tratta davvero solo di coincidenze o, piuttosto, di un filo d’Arianna rimasto invisibile per tanto tempo.

Chiarezza, si diceva. Indispensabile, specie ora che la Formica Ambiente, dell’impero di Cerroni, ha presentato nuova istanza per la riapertura della discarica, chiedendone un ampliamento fino a una capienza  837mila metri cubi e la costruzione di una sopraelevata  di 250 mila metri cubi.

 

Tiziana Colluto

 

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