Cronaca

Rifiuti tossici sottoterra come cercare l’ago in un pagliaio

LECCE- Tanti sospetti, da sempre, ma nessuna inchiesta e nessuna indicazione più precisa sul tombamento di rifiuti tossici e radioattivi nel Salento. Le dichiarazioni del boss dei casalesi Carmine Schiavone, rese 16 anni fa davanti alla commissione parlamentare d’inchiesta sul traffico di rifiuti e rimaste segretate finora, sono troppo generiche per poter dare la stura, tout court, a un’indagine approfondita della magistratura.

A meno che non il procuratore capo Cataldo Motta non decida formalmente di ascoltare il pentito per ricostruire altri dettagli. Dalle carte della relazione parlamentare, in realtà, quel che viene fuori è un ricordo blando, non puntuale, più basato sul sentito dire che su prove certe, come invece è per il territorio del Molise e della Cociaria.

Un traffico di veleni gestito dalla mafia campana in collaborazione con i boss locali è quello che emerge dalle rivelazioni: Schiavone ha parlato dei brindisini Bicicletta, di un certo D’Onofrio, di un certo Tonino O’ Zingaro e del leccese Lucio Di Donna, personaggi che all’epoca avevano collaborato con lui. Ma su modalità, luoghi e date è il nulla assoluto. Dunque, muoversi alla cieca equivale al cercare un ago in un pagliaio.

Al contrario, sui sotterramenti di rifiuti ad opera della criminalità locale ci sono le inchieste già concluse, tutte nel quadrilatero Ruffano, Ugento, Taurisano e Supersano, tutte ricostruite dal pm Elsa Valeria Mignone e dal procuratore Cataldo Motta di fronte alla Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti del 2008. In particolare, oltre a Burgesi, si fa riferimento ad un’area indagata con “il sistema della differenza termica, cioè il sistema MIVIS (Multispectral infrared visible imaging spectrometer)” a raggi infrarossi. Una vastissima zona in cui sarebbe stato appurato il sotterramento di materiali pericolosi.

A raccontare i fatti, nel 2006, era stato il pentito Silvano Galati, riferendosi al 2004 e all’interesse di “esponenti della criminalità organizzata di Supersano per quanto riguarda lo smaltimento dei rifiuti. Alcune aziende non effettuavano nessuno smaltimento e, come fu accertato nel corso dell’indagine successiva, risultavano non avere smaltito nulla, quindi i registri dell’azienda non contenevano alcun rapporto in tal senso.

Quelle aziende si erano dunque rivolte agli ambienti della criminalità, i quali disponevano di un camion e di un escavatore, così si erano liberate dei rifiuti sotterrandoli attraverso questo semplicissimo meccanismo. Si trattava anche in questo caso di rifiuti speciali- ha detto Motta-, perché alcune aziende lavoravano metalli per i calzaturifici e altre operavano comunque sempre nel settore calzaturiero, quindi si trattava di rifiuti pericolosi. Il caso era abbastanza clamoroso perché non vi era proprio attività di smaltimento da parte delle aziende come si e` potuto identificare attraverso attività sul territorio. In questo modo sono state riscontrate le parole di Silvano Galati, pertanto i responsabili di alcune aziende sono stati sottoposti a indagini”.

Nulla sulle infiltrazioni della camorra. Anzi, il pm Mignone in quella relazione fu chiara: “L’ultimo collaboratore che mi ha parlato dei rifiuti, cui ho rivolto espressamente la domanda, mi ha riferito che l’interesse della criminalità non e` arrivato a concepire una gestione diretta dei rifiuti, ma a fare quanto ha fatto lui: questi personaggi, quando hanno bisogno di finanziarsi, se sono a conoscenza delle imprese che devono smaltire rifiuti pericolosi, si dichiarano disponibili a sottrarre e smaltire il carico”.

Ora, a questa pagina potrebbe aggiungersene un’altra. Sempre che non sia destinata a rimanere solo sugli atti parlamentari tenuti nel cassetto dal ’97 ad oggi.

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