Cronaca

Colonia Scarciglia, schiaffo a sicurezza e bellezza

LEUCA-  Sembra un “osso di seppia”, il guscio vuoto di qualcosa che non c’è più. A vederla da lontano, una cicatrice di ferro e cemento sul promontorio di punta Meliso, ai piedi del faro. Ma, avvicinandosi, Colonia Scarciglia è anche peggio. Uno schiaffo a bellezza e decenza. Un pugno in faccia anche alle più elementari norme di sicurezza. Facciamo come fanno tutti da queste parti. Percorriamo la stradina che costeggia il recinto, quasi ovunque divelto. Pochi centimetri sospesi nel vuoto, con la roccia che si sgretola sotto ai piedi. È evidente. Fin troppo. Eppure, qui nessuno se ne cura. Nessuno sembra accorgersene. Nessun cartello a indicare il rischio frana. E così, ci passano tutti, per andare a pescare o a prendere il sole. E così, sotto, vicino o dentro le grotte dai tetti che sprofondano, le barche vanno e vengono, i bagnanti fanno un tuffo. Ignari di ogni cosa.

Qualche gradino e si può entrare, con tranquillità, all’interno di quello che è ormai solo un rudere, abbandonato da anni, sotto i colpi di un contenzioso ancora da districare. Perché di questa ex Colonia, che qualcuno ambiva e ambisce ancora a trasformare in albergo di lusso, non è definita neppure la proprietà.

La storia è nota. La Provincia di Lecce ha acquisito dal Demanio l’immobile, pagandolo la metà del suo valore, col vincolo di convertirlo a scopi sociali. Un museo del mare era la prima idea. Poi però è arrivata la gara d’appalto, aggiudicata all’Apuliae spa di Roberto Colaninno, il patron della Piaggio, che lì vuole costruire un resort a 5stelle. E da allora le vie giudiziarie si sono sdoppiate e aggrovigliate.

Il contenzioso tra le ditte si è risolto a marzo, quando il Consiglio di Stato ha riconosciuto alla ricorrente, la Igeco, terza arrivata, soltanto un risarcimento di 23mila euro, invece che di 3milioni di euro. Ancora in piedi, invece, il procedimento civile, tra Palazzo dei Celestini e Demanio, che nel frattempo ha dichiarato risolto il contratto, visto che la Provincia non ha rispettato le condizioni, vale a dire il mantenimento degli scopi sociali nell’aggiudicare la gara d’appalto. Sono le conseguenze di questa storia a non essere, finora, note abbastanza.

Cede l’impalcatura arrugginita, sotto i colpi del vento. Cede la roccia, che ormai s’è spaccata, sotto il peso delle cubature realizzate sul piano superiore, nell’immobile della ex scuola, quella di proprietà del Comune di Castrignano del Capo, affidata nel 2004 sempre all’Apuliae di Colaninno, per farne centro benessere. Cedono le protezioni e speroni di ferro e tufi sono pericolo costante. La sicurezza, si diceva, solo una chimera. E la responsabilità, attualmente, è della Provincia. Si può non vedere? Certo. Può farlo solo chi quello schiaffo a bellezza e incolumità pubblica riesce a ignorarlo.

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