Cronaca

I fanghi tossici del porto di Taranto sepolti nelle campagne di Brindisi

BRINDISI   –    Contengono cromo e piombo, provengono dal porto di Taranto e sono stati sepolti nelle campagne di Brindisi. Fanghi tossici che uniscono in una catena perversa i territori del Salento. Sono al centro della maxi operazione dei Carabinieri del NOE di Lecce  che al comando del Maggiore Nicola Candido, in mattinata, hanno apposto i sigilli a tre aree lungo l’ex statale 16 Brindisi-S.Vito dei Normanni, in località Autigno, zona già gravata dalla presenza della discarica che accoglie i rifiuti di tutti e 20 i Comuni del brindisino.

15.000 tonnellate di fanghi risultano essere state già tombate all’interno di ex cave dismesse.

Altre 70.000 erano in arrivo e sono state bloccate dopo l’intervento dei Carabinieri. Il sequestro preventivo, eseguito d’iniziativa dal NOE, è già stato convalidato dal PM della Procura di Brindisi Giuseppe De Nozza. Il reato ipotizzato è di gestione illecita di rifiuti e realizzazione di discarica abusiva. Nel registro degli indagati sono state iscritte quattro persone: due proprietari dei terreni, il titolare di una ditta di autotrasporti e un autista colto in flagranza mentre scaricava illecitamente. Tutti di San Vito dei Normanni.

Per oltre un mese, almeno tra il 4 febbraio e il 6 marzo, secondo quanto accertato dal NOE, sono stati smaltiti in Contrada ‘Mascava’ e ‘Chiusura Grande’, distanti l’una dall’altra un paio di km, i fanghi derivanti dall’intervento di messa in sicurezza e bonifica della falda superficiale nell’area ex Belleli, 36 ettari a ridosso dell’Ilva, in cui la  Belleli off-shore’, a partire dal 1981, ha svolto attività di sabbiatura, verniciatura e assemblaggio di elementi di piattaforme petrolifere. La zona, come accertato dal Piano di caratterizzazione già eseguito nel 2004, risultava contaminata da IPA e idrocarburi.

I fanghi di dragaggio provenienti da quell’area portuale, poi, sono stati trattati in una piattaforma di recupero di Mesagne, la posizione dei cui titolari è comunque ora ancora al vaglio degli inquirenti. Sono state, tra l’altro, proprio le analisi fatte eseguire da questo impianto presso un laboratorio di Taranto a dimostrare che i parametri di cromo totale e piombo superano i limiti di legge. Una seconda analisi, invece, fatta eseguire dalla ditta di autotrasporto di S.Vito dei Normanni in un laboratorio di Pomezia attesta la non pericolosità dei rifiuti. È proprio di fronte a questa discrasia che i Carabinieri hanno chiesto di ripetere gli accertamenti.

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Ciò che è certo, però, è che, in ogni caso, quel materiale è considerato sì idoneo al riutilizzo ma solo per il ricolmamento di aree ad uso industriale con falda acquifera naturalmente salinizzata. Le campagne tra gli ulivi in cui è stato sepolto, invece, risulta essere zona agricola a vincolo paesaggistico.

I sigilli sono stati apposti, si diceva, su tre aree. Una di 10.000 mq, un’altra di 17.000 mq e una terza di 300 mq.

Nel primo sito, per cui da accertamenti presso l’Ufficio Tecnico del Comune di Brindisi non risultava alcun piano di ripristino o rimodellamento morfologico, sono stati scaricati, su un lato di cava, fanghi frammisti a conci di tufo, pezzi di calcestruzzo solidificato e altro materiale da demolizione.

Sempre nella stessa zona, su un secondo lotto, è stata ricolmata un’area profonda 2 metri. In Contrada ‘Chiusura Grande’, invece, autorizzata dall’ARPA per il recupero, ma solo mediante utilizzo di terre e rocce da scavo, la quantità di fanghi di dragaggio, terra e rocce da scavo, spianati e in cumuli, ha formato montagne alte fino a 2 metri.

Stesso materiale sul terzo sito da 300 mq, colmato con 200 mc rifiuti.

A cura di Tiziana Colluto

 

 

 

 

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