Cronaca

Centrale a biogas, Galatone ai ferri corti

GALATONE (LE)   –   Gli operai sono a lavoro. Ritmi serrati nella campagna a ridosso della zona industriale di Galatone-Nardò, dove fra un mese la Centrale a biogas in Contrada ‘Le rose’ entrerà in funzione.

Nel frattempo, però, si è sempre più ai ferri corti specie dopo l’esposto presentato in Procura dagli attivisti, che questa centrale proprio non la vogliono. È di piccola taglia con una potenza di 854 kw, energia elettrica da immettere nella rete ENEL e che verrà prodotta non bruciando biomasse, ma facendole fermentare, decomporre e digerire da questo impianto, che funzionerà come lo stomaco di una persona.

È qui, invece, in questi depositi separati da pareti di cemento, che verranno stoccati i materiali che alimenteranno la Centrale: mais e triticale, scarti di sansa, pomodori, patate, ortaggi che dovrebbero andare al macero e che verranno fatti decomporre con l’aiuto di letame – liquame bovino – suino.

Il progetto, presentato dalla ‘Michele Giliberti srl’ di Lecce, però, non ha trovato sponda in una parte di cittadinanza galatonese e neretina. Preoccupata anche, per il fatto che questo impianto possa dare la stura ad altri.

L’esposto dei comitati ambientalisti locali solleva nodi diversi. “In sede di autorizzazione edilizia – com’è riportato nella denuncia – sarebbero state completamente trascurate le normative urbanistico-edilizie nazionali e regionali vigenti”.

Il progetto è partito con DIA, Dichiarazione di Inizio Attività, secondo la normativa in vigore al momento della presentazione della domanda.

L’iter autorizzativo però, si è perfezionato il 1° ottobre scorso – si precisa nell’esposto – e la ‘presa d’atto’ da parte dell’Ufficio Tecnico del Comune di Galatone è stata rilasciata in data 27 settembre, giusto due giorni dopo l’entrata in vigore la legge regionale che, per le Centrali a biogas superiori a 250 kw come questa, prevede un altro iter più complesso, quello dell’Autorizzazione Unica.

L’istanza urgente per la sospensione dei lavori avanzata al Comune di Galatone, tuttavia, non è stata accolta. Poi, entrando nel merito del progetto, si punta soprattutto il dito sull’impatto sui terreni: 260 ettari – nel raggio di 70 km – saranno coltivati a mais e questo, specie nei periodi di forte siccità, potrebbe comportare un impiego di acqua massiccio, in grado – stando a quanto affermato dagli attivisti – di incidere sui prelievi dalla falda. Non ci sarebbe, inoltre, “alcuna certezza sull’’uso indiscriminato di concimi chimici e pesticidi ” .

Non ci sarebbero, ancora, “evidenti garanzie sulle emissioni in aria”, specie sui cattivi odori. L’azienda, da parte sua, ribatte punto per punto.

Anche sul reperimento della materia prima, specificano dalla ‘Michele Giliberti’, è da chiarire che dovranno essere tutte risorse locali (altrimenti non ci sarebbe convenienza economica).

Pronti i contratti anche con le Cooperative di frantoiani di Galatone, che dovranno fornire la sansa. Sui terreni da coltivare, inoltre, si precisa che non è previsto l’uso di diserbanti e di concimi minerali, perchè è previsto solo l’uso di sostanze organiche.

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