Cronaca

Operazione ‘Giano’, 11 a giudizio

TARANTO  –  Comincerà il prossimo 15 marzo dinanzi alla II Sezione Penale del Tribunale di Taranto, il processo a carico di 11 imputati coinvolti nell’operazione ‘Giano’. Il Giudice per le Udienze Preliminari di Lecce, Carlo Cazzella, che nella precedente udienza ha stralciato la posizione di Antonio Pescatore, ingegnere comunale di Manduria, rinviando le carte alla Procura Ordinaria di Taranto, ha prosciolto l’imputato Pietro Micelli e rinviato a giudizio 11 persone finite nella bufera giudiziaria per presunti affari sporchi gestiti a Manduria.

L’operazione di Polizia del febbraio 2012 aveva portato all’arresto di 18 persone – 15 in carcere e 3 ai domiciliari – accusate a vario titolo di associazione mafiosa, estorsioni, rapine, tentato omicidio e spaccio di droga.

La stessa operazione che ha aperto poi le porte ai Commissari del Ministero dell’Interno che hanno sottoposto il Comune di Manduria ad accertamento antimafia il cui esito – scioglimento per infiltrazione mafiosa – dovrebbe arrivare a giorni da Roma.

L’inchiesta riguarda il presunto clan capeggiato da Vincenzo Stranieri, 51enne di Manduria, ex capozona per Taranto della Sacra Corona Unita, detenuto da 27 anni, 20 dei quali in regime di carcere duro.

Il ‘boss’, secondo gli investigatori, avrebbe continuato a gestire dal Penitenziario di Spoleto, dove si trova in regime di isolamento del 41 bis, le attività illecite insieme ad altri esponenti della malavita organizzata a lui affiliati o appartenenti ad altri gruppi emergenti. Nel sodalizio, sostiene la pubblica accusa, ci sarebbe anche la moglie e il genero di ‘Stellina’, così chiamato per il tatuaggio sulla fronte.

L’organizzazione dedita allo spaccio di droga sarebbe stata gestita dall’ex latitante Cataldo Cagnazzo. Si parla di “vendita, cessione, distribuzione, commercio, acquisto, ricezione e comunque illecita detenzione di imprecisati quantitativi” di cocaina, di 120 grammi tra hashish e marijuana, acquistati da fornitori di Brindisi da Ivan Cavallo, da Alessandro Rizzo e Federico Russo, su commissione di Cagnazzo, e trasportate a Lizzano per essere smistare a terzi.

Gli imputati, secondo l’accusa, erano dediti alla detenzione illegale di armi e materiale esplodente, agli attentati dinamitardi e alle sparatorie, al controllo di attività imprenditoriali, come la gestione delle aree di parcheggio di Manduria estorcendo denaro all’impresa ‘Global Work’, e dei parcheggi a pagamento nell’area della Fiera Pessima e al racket. Il tutto, sempre secondo l’accusa, in collegamento con la cosca dei mesagnesi facente capo a Massimo Pasimeni e ad altri esponenti del gruppo di Francavilla Fontana, tra cui Giancarlo Capobiano, a sua volta referente di Pasimeni.

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