CronacaEconomia

‘Caso’ punti nascita, maggioranza ai ferri corti

BARI  –  La maggioranza di via Capruzzi scivola sul taglio ai posti letto e sulla chiusura dei punti nascita. Troppe astensioni e la delibera di giunta sul riordino ospedaliero viene riposta nel cassetto. Nuovamente.

Il prossimo tentativo lo si farà il 24 gennaio.

In quell’occasione saranno anche sentite le associazioni di categoria.

Ed è proprio a questo che si è aggrappato il presidente della Commissione Sanità Dino Marino che sondando gli umori dei suoi, ha ben intenso che se si fosse proceduto con la votazione, la delibera non sarebbe passata.

Dunque la necessità di tenere delle audizioni è stata la classica ‘toppa’. Ad astenersi dal voto, procurando quindi una bocciatura, sarebbero stati il consigliere de La Puglia per Vendola Laddomada, il democratico Caracciolo – noto fra i contestatori del PD – il socialista Pastore e l’ex IDV, Mazza. Il capo opposizione Palese parla di una maggioranza che ormai non c’è più, mentre il presidente dell’UDC Negro, annuncia battaglia sui punti nascita.

Il regolamento prevede che gli ospedali pubblici leccesi perdano 10 posti, le cliniche private e conferma la chiusura del punto nascita di Casarano.

Su quest’ultimo è in corso un braccio di ferro non da poco. Una larga parte degli eletti salentini – di entrambi gli schieramenti – sta premendo sull’assessore Attolini affinché riveda la scelta di salvare il punto nascita di Galatina a discapito di Casarano che se chiuso lascerebbe sguarnito del servizio tutto il versante jonico. E più di qualcuno giura che tutto è ancora possibile. La vicenda è finita in tribunale. Ma la sospensiva che ha congelato il taglio del punto nascita è decaduta.

Il Sindaco Gianni Stefano, già avverte che si procederà a colpi di impugnazioni: in 2° grado, qualora il TAR dovesse, fra due giorni decidere nel merito, avallando la cancellazione già decisa a settembre. Oppure, l’alternativa potrebbe essere quella di valutare il ricorso contro l’ultima delibera di fine anno.

Nessuna speranza invece per il punto nascita di Gallipoli, ospedale che perderà nel complesso, con la nuova previsione, due dei 10 posti letto da ridurre nella sanità pubblica leccese. Altri 4 saranno depennati a Scorrano, 10 al ‘Fazzi’.

A guadagnarne 6, dovrebbe essere il ‘S.Caterina Novella’ di Galatina. Per gli altri la situazione rimarrà identica. Il vero terremoto, invece, si prevede nelle cliniche private accreditate. Solo in provincia di Lecce si perderà la convenzione con la ASL su 58 posti dei complessivi 300 da cassare in Puglia.

A vedere la riduzione più alta sarà la clinica ‘Città di Lecce’, che passerà da 116 a 94 posti-letto. Seguono la ‘Petrucciani’ed ‘Euroitalia’ con ulteriori 9 posti ciascuna, ‘Villa Bianca’ con 4, clinica ‘San Francesco’ con -7 e altrettanti a ‘Villa Verde’. È proprio questa l’unica casa di cura salentina che non ha sottoscritto la preintesa con la Regione e com’è presumibile, si prepara ad adire le vie legali.

Le altre cliniche hanno già concordato la stretta, la cui data di avvio non è stata ad ogni modo, ancora stabilita. Ciò che è certo è che invece, dal prossimo 31 agosto chiuderà definitivamente l’unico punto nascita in struttura privata ancora attivo nel leccese, quello della ‘San Francesco’, a Galatina. La conferma arriva dal direttore sanitario della clinica, Franco Sanapo, che però assicura sul mantenimento dell’attività di ginecologia.

“Da oggi ad agosto ci attrezzeremo per adeguare al meglio l’offerta sanitaria nel pubblico, per accogliere i parti anche del privato, vista la più alta concentrazione di parti a Galatina”, assicura il direttore generale ASL, Valdo Mellone.

Nonostante i tagli, il budget destinato alle strutture accreditate, invece, dovrebbe rimanere intatto anche nell’ottica di sgravare gli ospedali pubblici. Che nel frattempo, però, dovranno fare i conti con le novità relative al personale. Due riunioni sono state convocate in Regione per il prossimo 18 e 22 gennaio, relativamente alla rimodulazione delle dotazioni organiche.

È lì che si spera possa approdare lo sblocco almeno di una parte del turn over, con la possibilità di poter ritornare ad assumere il 15% del personale andato in pensione nel 2011.

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